La strategia del Colle spezza l'asse Pd-Cgil

Dalle sfide sui cambiamenti alla revisione degli ammortizzatori sociali le uscite del capo dello Stato allontanano il partito dal sindacato barricadiero

La strategia del Colle spezza l'asse Pd-Cgil

Se si tratta di una strategia con­sapevole non è dato sapere. Ma pa­r­e quasi che il presidente della Re­pubblica Giorgio Napolitano si stia sforzando, tra un rebus e una terzina, di aprire un varco tra il Pd e la Cgil, attraverso il quale far pas­sare la dolorosa ma imprescindi­bile riforma del lavoro. Parole ap­parentemente generiche e assai misurate, oltre che ambigue, quel­le del capo dello Stato, che pro­prio per questo si prestano a lettu­re assai significative.

La prima parafrasi è, diciamo così, governativa. Ancora di più: montiana. Napolitano con una mano accarezzerebbe i sindacati e con l’altra li striglierebbe brusca­mente. In entrambi i casi il desti­natario dei suoi messaggi appare la Cgil,che per un vecchio ortodos­so­del Pci qual è l’inquilino del Qui­rinale, è l’unica traduzione previ­sta della parola sindacato. Alla Ca­musso Napolitano sembra dire, con toni educati e curiali: basta con la difesa a oltranza dei tabù, sì a una contrattazione responsabi­le con­tutti e due gli occhi a un oriz­zonte fatto di sacrifici.

Già nel cor­so del messaggio agli italiani della sera del 31 dicembre, l’inquilino del Quirinale aveva riservato una stoccata ben confezionata ai sin­dacati, rievocando come «nel pas­sato, in più occasioni, sia stata de­cisiva per la salvezza e il progresso dell’Italia la capacità dei lavorato­ri e delle loro organizzazioni di esprimere slancio costruttivo, nel confronto con ogni realtà in via di cambiamento, e anche di fare sa­crifici, affermando in tal modo, nello stesso tempo, la loro visione nazionale».

E ieri, a Napoli, dove Napolitano si trova per qualche giorno di vacanza, egli è tornato sul tema con i giornalisti: «Ho af­fermato il concetto che ciascuno deve fare la sua parte. Un concetto molto generale. Poi in concreto quello che riguarda le questioni che interessano in modo partico­lare le organizzazioni sindacali, si aprirà molto presto la possibilità di incontro e consultazione».

Te­ma sul tavolo, quello urticante de­gli ammortizzatori sociali, stretta­mente legato alla riforma dei mo­­delli contrattuali, alla crescita del­la produttività e alle dinamiche reddituali: «Vedo che c’è una ne­cessità, ampiamente riconosciu­ta, che è quella di ripensare agli ammortizzatori sociali, da un la­to, e dall’altro di affrontare i nodi che sono già stati affrontati con l’accordo del 28 giugno».Quello si­glato da Confindustria e dalle tre principali sigle (Cgil, Cisl e Uil) che fece gridare alla ritrovata uni­tà sindacale, facendo uscire la Cgil dall’isolamento a cui le posi­zioni oltranziste della Fiom l’ave­vano costretta. Ed è qui che si inne­st­a l’altra chiave di lettura delle pa­role di Napolitano. Che valgano cioè da assist alla Cgil per evitare appunto l’arroccamento del sin­dacato col pugno chiuso su posi­zioni sempre più datate e sempre meno difendibili, che di fatto escluderebbero la Cgil dal cuore della trattativa.Da qui l’appello al­­l’unità, allo spirito del 28 giugno.

Sì, ma il Pd? Sponsor principale - con il Terzo polo - del governo più o meno tecnico di Monti - se non altro perché è quello che ha spazzato via Silvio Berlusconi ­schierato ormai sulla linea dei sa­crifici necessari, pur con qualche storcimento di bocca da parte di qualche suo esponente e della ba­se, e con il santino di Napolitano sempre nel portafogli, il Pd sem­b­ra allontanarsi sempre di più dal­la Camusso, che sarebbe la sua na­turale sponda sociale.

Non a caso ieri Pier Luigi Bersani, che del Pd è il segretario, ha pronunciato sulla questione delle contrattazioni lanciata dalla Cgil alcune frasi piuttosto sibilline: «Le questioni di metodo non impediscano di af­­frontare la sostanza - ha detto a SkyTg24-La questione riguardan­t­e il formato degli incontri va risol­ta con buon senso e senza creare pregiudiziali e divisioni in pre­messa ».

Un richiamo all’unità del 28 giugno, ma anche alla Cgil a non perdersi in bizantinismi steri­li. Il fronte è aperto, ma a sinistra c’è aria di tutti contro tutti.

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