«La superbia è un peccato che non mi riconosco» scrisse Giorgio Strehler alla fine degli anni Settanta, allinterno di una confessione pubblica che paradossalmente aveva per titolo «Non sono umile: è grave?». Il contrasto non avrebbe potuto risultare più efficace e più diretto, e non è un caso che il Comune di Milano per ricordare questo grande maestro e uomo di cultura gli dedichi oggi pomeriggio, alle ore 18, nella Sala Alessi di Palazzo Marino, un incontro che ha per titolo «Non chiamatemi maestro...». Perché, come diceva appunto Strehler, «il successo è indispensabile, ma linsuccesso, che non amo, non è negativo. Serve per lumiltà. La mia, fin dallinizio, è stata unesperienza molto umile, lumiltà che mi hanno insegnato i grandi incontrati sulla mia strada. Louis Jouvet mi ha liberato dalla crisi demoniaca, dal credersi i padroni del mondo tipica degli uomini di teatro. Brecht mi ha insegnato ad ascoltare gli altri. E non ha mai voluto essere chiamato maestro...».
Un po in ritardo rispetto al decennale della morte, il giorno di Natale del 1997, lincontro di oggi, organizzato dallassessore alla Cultura Vittorio Sgarbi e dalleditore Massimo Vita Zelman, è loccasione per tenere a battesimo un libro dal titolo per lappunto Non chiamatemi maestro, curato da Stella Casiraghi per le edizioni Skira, che sotto quel titolo così classicamente strehleriano, raccoglie alcune pagine scelte del grande attore e regista. Sarà Andrea Jonasson a leggerne qualche brano e la presenza di Giorgio Fantoni, Maurizio Porro e Stefano Zecchi assicurano allincontro le caratteristiche del festeggiamento e dellapprofondimento critico.
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