Laura Novelli
Per un raffinato indagatore dellanimo umano quale Giorgio Strehler lincontro con la drammaturgia di Strindberg non poteva che avvenire allinsegna della rottura estrema, della necessità - altrettanto estrema - di spingere la scrittura rivoluzionaria del grande autore svedese su binari ancora più dirompenti e nuovi. Non fu un caso, infatti, che il regista triestino decise di allestire (nella stagione 79/80) Temporale, uno dei «Drammi da camera» stesi nel 1907 che meglio rappresentano «lultimo» Strindberg: la sua completa distanza, cioè, dal naturalismo iniziale a tutto vantaggio di un simbolismo sottile ma disarmante che fa piazza pulita di qualsiasi certezza intima («chi ha visto se stesso, muore» si legge in Casa bruciata) e di qualsiasi «salvagente» sociale (famiglia, matrimonio, rapporti interpersonali).
Ovviamente lo spettacolo segnò lennesimo successo del Piccolo. Motivo in più per interrogarsi oggi, a oltre ventanni di distanza, sulla reale efficacia di una ripresa firmata da Enrico DAmato (collaboratore di lunga data del Maestro) dove si aspira a far rivivere il senso profondo dell'operazione strehleriana ma dove, fatte salve le ottime intenzioni, si finisce forse per sbiadirlo. Lallestimento, molto curato a livello stilistico (le scenografie sono quelle originali di Ezio Frigerio; avvolgenti risultano poi le luci e gli effetti sonori) e impreziosito dalla bravura di Paolo Graziosi nel ruolo principale del Signore, non regge bene, secondo noi, alla prova del tempo: a tratti appare freddo, schematico, persino didascalico, come se un eccesso di «maniera» ne mettesse a repentaglio limmediatezza espressiva e, in definitiva, il tessuto poetico. Va sottolineata tuttavia la forte modernità del testo: la trama ruota sulla vicenda «soggettiva» di un anziano funzionario in pensione che allimprovviso si ritrova, come vicini di casa, lex moglie Gerda (una Giulia Lazzarini piuttosto enfatica), la loro giovanissima figlia e il nuovo marito della donna.
Uno Strindberg strehleriano e molto manierato
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