Studenti e spacciatori «per noia»: presi tre ragazzi della Roma-bene

Due sono minori e tutti figli di facoltosi professionisti: «Ci facevamo belli con gli amici»

Spacciatori della Roma-bene, spacciatori «per noia». Hanno provato a giustificarsi così due diciassettenni e un diciottenne romano, tutti studenti della quarta liceo, beccati sabato a cedere «fumo» ai compagni di scuola dagli agenti della squadra volanti. «Era per darci forza, per sembrare più forti degli altri», hanno rincarato la dose, stavolta in lacrime, di fronte ai poliziotti e ai genitori fuori di sé. A finire nei guai per oltre un etto di marijuana ritrovata nell’abitazione del maggiorenne, sono tre ragazzi che di soldi, davvero, non hanno bisogno. Uno è figlio di un dirigente di una grossa società pubblica, un altro di un amministratore delegato di un’azienda privata, un terzo di un professionista di zona. Motorini, abiti firmati, case da «mille e una notte». Da un po’ di tempo i poliziotti, però, ne avevano notato i movimenti «sospetti». A loro i compagni del liceo «Aristotele» di via dei Sommozzatori, all’Eur, si rivolgevano un po’ troppo spesso con «strani» scambi di denaro. Sabato pomeriggio i due diciassettenni vengono fermati per un controllo dagli agenti della «volante 10» su via dei Corazzieri, quartiere Giuliano Dalmata. Sono sorpresi, particolarmente nervosi. Addosso uno di loro ha una piccola dose di «fumo». Non ci vuole molto agli «sbirri» per capire dove trovare il resto della «roba». All’appello, infatti, manca il terzo amico e compagno di classe. Quando vanno a bussare a casa sua, un elegante appartamento tra il Torrino e l’Eur, il padre e la madre aprono increduli. «Droga in casa nostra? Impossibile». Tutt’altro, ben nascosto nella stanza del ragazzo, ecco comparire un etto di fumo, insieme con un bilancino di precisione e tutto l’occorrente per confezionare le dosi.

Per il maggiorenne sono scattate le manette, per l’altro diciassettenne una denuncia a piede libero, il terzo amico, invece, è stato denunciato per avere tentato d’avvisare con un sms il più grande dell’arrivo della polizia: «Sniffi, stanno a venì, butta tutto».

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