«Studio l’Universo 100 metri sotto terra»

Lavora al più potente acceleratore di particelle atomiche

Fabiola Gianotti non soffre di claustrofobia. Sarebbe la sua fine. Fa la scienziata e ogni giorno si trova a lavorare a 100 metri sotto terra. Tutta colpa dell’esperimento Atlas, che segue come vice coordinatrice al Cern di Ginevra. È nata a Roma Fabiola, ma prima di trasferirsi in Svizzera ha vissuto per anni a Milano. «Io e la mia famiglia ci siamo trasferiti quando avevo otto anni - racconta - per questo la considero la mia città: a Milano sono andata a scuola, ho studiato pianoforte al Conservatorio e ho frequentato l'università Statale. Lì ci sono i miei amici e la mia famiglia».
Dov’è nata la sua passione per la fisica?
«Già tra i banchi del liceo classico, dalle suore Orsoline. Mi sono sempre posta domande fondamentali, per questo allora amavo la filosofia».
Perché poi ha deciso di iscriversi alla facoltà di fisica?
«Mi sembrava la disciplina più rigorosa per trovare le risposte a queste domande».
Dalle aule di Città studi al Cern, quando ha capito che voleva dedicarsi alla ricerca?
«Quando ho superato l’esame del dottorato. Ma se non ci fossi riuscita, mi sarei dedicata ad altro. E invece è andata bene e poi ho vinto una borsa di studio per andare in Svizzera».
È stato difficile lasciare Milano?
«All’inizio mi sono dovuta armare di coraggio. Ma poi l’incertezza della partenza è stata dissipata dall’entusiasmo per questo tipo di ricerca».
Cosa l'affascina?
«Il fine stesso della ricerca: cercare di trovare risposte fondamentali. La possibilità di sviluppare tecnologie di punta, trainandole. E poi l’ambiente internazionale: al mio esperimento lavorano più di 2mila fisici che vengono da 37 paesi dei cinque continenti».
In cosa consiste Atlas?
«È il più grande di quattro esperimenti. Stiamo collaudando l’acceleratore di particelle atomiche (Lhc) più potente che sia mai esistito. Si trova tra il confine tra Francia e Svizzera, a 100 metri sottoterra con una circonferenza di 27 chilometri».
Come funziona?
«All’interno del tunnel sotterraneo abbiamo sistemato un anello raffreddato alla temperatura di 271 gradi sottozero nel cui vuoto facciamo scontrare due fasci di protoni che corrono a una velocità simile a quella della luce. Attraverso dei rivelatori di particelle, vogliamo ricostruire quelle che fuoriusciranno da questo impatto di inaudita violenza».
A quale domanda cerca di rispondere?
«Da cosa è fatta la materia oscura dell’universo? Per questo scateneremo un’energia tale da riprodurre le stesse forze esistenti alle origini dell’universo. In poche parole cerchiamo di studiare l’infinitamente piccolo per capire l’infinitamente grande, ovvero l’universo».
Quando entrerà in funzione l’acceleratore?
«Nell’estate 2008, ora siamo ancora nella fase di collaudo».
Quali sono le sue aspettative?
«Abbiamo un’idea, ma nessuna certezza. L’aspetto più bello della ricerca sono le sorprese. Certo entro la fine del 2009 mi auguro di avere un quadro della situazione».
È la prima donna a raggiungere una vetta così alta al Cern: la vicedirezione di un esperimento tra i più importanti al mondo. Cosa ha provato?
«È una grandissima responsabilità e un privilegio».
Come fa a coordinare il lavoro di persone che provengono da ogni parte del mondo?
«Siamo tutti animati dal medesimo entusiasmo. Parliamo lingue diverse - è vero - ma utilizziamo il medesimo linguaggio».
Oltre alla fisica coltiva anche altre passioni?
«Amo la musica, perché si fonda su basi di rigore matematico.

Così cerco di suonare il pianoforte ogni giorno e andare ad ascoltare più concerti possibile».
Sinceramente, ci riesce?
«È difficile, la ricerca non ha orari, ma ci provo. È il mio segreto per mantenere l’equilibrio al lavoro: chi si concentra solo sulla fisica rischia di perdere lucidità nella ricerca».

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