Stuprò una ragazza a Capodanno: condannato a due anni e otto mesi

REAZIONI La giovane ha pianto mentre il magistrato leggeva la sentenza. La madre del condannato non crede che a commettere la violenza sia stato il figlio

Stuprò una ragazza a Capodanno: condannato a due anni e otto mesi

Ha pianto in silenzio, quasi nascondendo il volto. La venticinquenne dei Castelli, che la notte di Capodanno è stata stuprata nei pressi della Fiera di Roma dove era in corso la festa «Amore 09», ha versato qualche lacrima mentre il giudice leggeva la sentenza che ha condannato a due anni e 8 mesi di reclusione Davide Franceschini, di 23 anni. La pena è stata inflitta ieri con rito abbreviato dal gup Luigi Fiasconaro per violenza sessuale e lesioni gravi, stabilendo tra l’altro che il ventitreenne paghi immediatamente una provvisionale di diecimila euro alla vittima e di tremila al Comune. Il risarcimento verrà poi deciso in sede civile.
Il pm Vincenzo Barba aveva chiesto quattro anni di carcere per Davide Franceschini, contestandogli il reato di stupro e di lesioni gravissime sia fisiche che psicologiche, una decisione formulata in base ai risultati di una consulenza medico legale svolta da una ginecologa e da una psicologa sulla vittima.
Tra gli altri accertamenti, la procura aveva chiesto anche una perizia sul dna e sulle tracce biologiche trovate sugli abiti dei due ragazzi. Ma le analisi hanno dimostrato che sui vestiti della vittima non c’era il dna di Franceschini. Una circostanza, che non ha comunque stupito chi indaga, viste le modalità della violenza. Davide, infatti, assistito dall’avvocato Francesco Bergamini aveva raccontato di aver agito sotto effetto di droga e alcol. Aveva detto che inizialmente il rapporto sessuale era stato consensuale, ed era degenerato solo in un secondo momento.
Il ragazzo era stato fermato il 23 gennaio ed era finito in carcere dopo la sua confessione. Questo particolare, unito alla giovane età, all’essere una persona incensurata e al provenire da una buona famiglia, lo aveva portato invece agli arresti domiciliari. Ma il 16 marzo Franceschini era tornato a Regina Coeli, sulla base di un provvedimento cautelare emesso dal gip Guglielmo Muntoni su richiesta del pm, in seguito al recente decreto governativo in materia di sicurezza. Tale decreto stabilisce che nei casi di stupro, ove sussistenti le esigenze cautelari, gli indagati debbano stare in carcere. Il 20 marzo, nonostante la Procura fosse contraria, lo stesso gip aveva disposto di rimettere in libertà l’imputato, ritenendo che le esigenze cautelari si fossero ormai attenuate e che non ci fosse alcun pericolo di inquinamento delle prove.
«Il mio assistito non voleva violentare ma solo ledere - ha commentato soddisfatto l’avvocato Bergamini, subito dopo la lettura della sentenza -. Il gup ha inflitto una pena contenuta, equilibrata e corretta. Si è reso conto dalla particolarità della situazione. Attendo ora le motivazioni e poi proporrò appello contro questa sentenza, quantomeno per quanto concerne il reato di violenza sessuale».


La madre di Franceschini, invece, è ancora convinta dell’innocenza del suo ragazzo. «Secondo me non è stato mio figlio», ha ripetuto laconica anche ieri, prima di lasciare il palazzo di giustizia, quasi a voler esorcizzare quanto successo.

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