Andrea Tornielli
da Roma
«Sappiamo bene che questo nostro impegno è spesso mal tollerato e visto come indebita intromissione nella libera coscienza delle persone e delle autonome leggi dello Stato. Ma non per questo possiamo tacere o sfumare le nostre posizioni». Con queste parole ieri pomeriggio il cardinale Camillo Ruini ha rivendicato, in apertura dei lavori dell’assemblea generale della Cei, il diritto della Chiesa di intervenire sui temi etici che le stanno a cuore. E ha subito ribadito il «rifiuto dell’aborto», definito dal Concilio Vaticano II «delitto abominevole», la cui gravità «si va purtroppo oscurando nella coscienza di molti» e che «nessuna circostanza, finalità o legge umana potrà mai giustificare»; ma anche il rifiuto dell’eutanasia e dell’utilizzo degli embrioni: parole che risuonano come un’indiretta risposta alle recenti aperture manifestate proprio su questi temi dal cardinale Carlo Maria Martini. Ruini ha inoltre ripetuto l’opposizione ai tentativi di dare un riconoscimento giuridico «a forme di unione che sono radicalmente diverse dalla famiglia», definendolo «improprio e non necessario», in quanto porterebbe ad «oscurare il ruolo» della famiglia stessa e contribuirebbe «a destabilizzarla».
La preoccupazione del cardinale per i Pacs, ha trovato eco anche nella parte della prolusione dedicata a quanto sta accadendo in Europa: il presidente della Cei ha ricordato la risoluzione Ue del 18 gennaio, riguardante l’omofobia, che «respinge giustamente gli atteggiamenti di discriminazione, disprezzo e violenza verso le persone con tendenze omosessuali, ma sollecita anche un’equiparazione dei diritti delle coppie omosessuali con quelli delle famiglie legittime», invitando gli Stati dell’Unione a rivedere le rispettive legislazioni nazionali». Così, dunque, il cardinale ha parlato a proposito dei valori che Benedetto XVI ha definito «non negoziabili» e che rappresentano motivo di non poche preoccupazioni per la Chiesa in questo momento: principi che non sono «qualcosa di astratto e aprioristico» ma si legano «a quel grande bene sociale che è la nascita e l’educazione dei figli».
In un altro passaggio della sua prolusione, il presidente dei vescovi italiani - che ha ringraziato il Papa per la recente riconferma con la formula «fino a che non si disponga altrimenti» e che si dovrebbe protrarre almeno fino alla fine del 2006 - ha parlato della situazione politica all’indomani delle elezioni. Ha augurato al nuovo Presidente della Repubblica di poter essere, «come il suo predecessore, punto di riferimento e fattore di unità sicuro e comunemente apprezzato», nel solco - e qui ha citato il telegramma di Papa Ratzinger al nuovo inquilino del Colle - «degli autentici valori umani e cristiani che costituiscono il mirabile patrimonio del popolo italiano».
Ruini ha quindi notato come il risultato elettorale sia stato «di massimo equilibrio», ha parlato la «maggioranza assai ristretta» sulla quale può contare il Governo al Senato e ha aggiunto: «In questa situazione diventa ancora più importante e indispensabile per il superiore interesse del Paese, che entrambi gli schieramenti politici, ciascuno nel proprio ruolo e tenendo conto della misura del consenso ricevuto, non si arrestino nelle contrapposizioni, ma cerchino piuttosto di dar vita a una dialettica costruttiva e davvero reciprocamente rispettosa». Un accenno, quello alla «misura del consenso ricevuto», che suona quasi come appunto velato e indiretto al centrosinistra, che in queste settimane non è sembrato tener particolarmente conto della vittoria di strettissima misura e della spaccatura del Paese nella designazione delle cariche istituzionali. Tra le priorità nazionali che la politica dovrebbe affrontare con spirito di collaborazione e di condivisione ci sono il sostegno alla famiglia, il problema della denatalità, lo sviluppo del Meridione. Ruini ha poi parlato dei soldati italiani caduti in Irak e in Afghanistan, definendoli «eroi».
Nella prima parte della prolusione, il cardinale si è soffermato sulla figura del sacerdote e parlato delle minacce che derivano alla vita del prete dall’individualismo, dal consumismo e dall’inutile ostentazione sessuale, affermando che bisogna resistere «alle tentazioni dell’imborghesimento, dell’ambizione personale e di comportamenti individualistici».
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