Cultura e Spettacoli

Su YouToube il messaggio ai figli «La mia vita finisce, ma i sogni no»

È un docente di 47 anni, ha un cancro, dei bimbi piccoli. Allora ha dovuto trovare il modo di restar loro vicino...

Randy Pausch è un professore universitario di informatica mediamente bravo, insegnava alla Carnagie Mellon University. Essendo anche un sognatore ha progettato realtà virtuali e collaborato con la Disney. È un uomo che porta bene i suoi quarantasette anni sotto l’abbronzatura e che ha una bella moglie e tre figli. Ma sin qui, non ci sarebbe nulla di speciale, nessun motivo di parlare di lui.
Randy Paush ha una malattia incurabile, un cancro che gli ha riempito il fegato di metastasi. E anche in questo caso, purtroppo, non ci sarebbe niente di speciale, perché sono molte le persone che vengono colpite da malattie che non lasciano scampo. Sono drammi comuni, ferocemente comuni.
Randy Paush, però, ha fatto qualcosa che molti non trovano la forza, o il modo, di fare. Appena ha saputo della sua malattia ha cercato un sistema per lasciare una testimonianza, un messaggio a chi resta. Soprattutto ai suoi figli. Lo ha fatto nel modo che più gli veniva congeniale. Essendo un professore, ha deciso di fare un’ultima lezione. Non di informatica. Nemmeno, e sarebbe stato comprensibile il contrario, sulla morte. Una lezione sulla vita piuttosto, su come appare a guardarla dai suoi lembi.
Così si è presentato in un’aula, gremita da più di quattrocento persone e qualche telecamera, armato di questo titolo: Realizzare davvero i sogni dell’infanzia. Una «prolusione» accademica, senza commiserazione, piena di gag, di battute, di ironia e con un unico scopo: «Rinchiudere tutto me stesso in una bottiglia che poi un giorno i miei figli avrebbero aperto». E così per più di un’ora ha raccontato di sé, dei suoi sogni di ragazzino, delle cose che lo hanno aiutato a crescere, di quello che considera giusto e di quello che considera sbagliato. Ha raccontato gli episodi della sua vita più importanti, aiutato da centinaia di slide, ripetendo che l’importante è avere sogni e cercare di realizzarli.
Il filmato di questi settantacinque minuti, costellati di applausi, sono finiti su internet. Dove li hanno guardati milioni di persone, commosse da un uomo capace di dire: «Non so come si fa a non divertirsi. Sto per morire e mi diverto. E ho intenzione di divertirmi per ogni singolo giorno che mi resta. Perché non c’è altro modo di vivere». Visto l’inaspettato successo, con l’aiuto del giornalista Jeffrey Zaslow, il testo della lezione è stato ampliato, arricchito. È diventato un libro che uscirà in quattordici Paesi. In Italia è in libreria da oggi e si intitola: L’ultima lezione. La vita spiegata da un uomo che muore (Rizzoli, pagg. 233, euro 15, trad. L. Carrozzo, F. S. Chiapponi, F. Coratelli).
Il testo mantiene la spontaneità, che non è incoscienza, della lezione. È pieno di vita, la prova provata che dei sogni può restare qualcosa anche quando si è arrivati alla fine della corsa. E che non conta realizzarli davvero. Per usare le ultime parole di Pausch, e ultime, in questo caso, non è un aggettivo qualunque: «Avete capito la finta di gambe? La lezione non è su come realizzare i vostri sogni. Ma su come vivere la vostra vita. Se la vivrete nella maniera giusta...

saranno i vostri sogni a raggiungervi».

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