Una cadetteria che ben pochi, anche tra i diecimila che hanno aspettato l'arrivo della formazione da Padova per festeggiare allo stadio «Picco», ricorda: troppo sfumati i tempi della B per poterne parlare. Decenni di sofferenze, di fallimenti societari, di retrocessioni. Uno Spezia che naviga in terza serie per anni, finisce tra i dilettanti. Poi rinasce ma senza mai sfiorare la cadetteria: questi sono gli aquilotti, dagli Anni Cinquanta agli Anni Settanta. Capace di lanciare giocatori famosi (vedi il portierone Albertosi) e allenatori che faranno carriera (dal professor Scoglio a Sonetti).
A inizio degli Anni Ottanta la grande crisi: lo Spezia finisce in D, viene ripescato. L'imprenditoria cittadina non riesce più a sostenere l'onere di una squadra di calcio. Arriva un imprenditore esterno, Pietro Rossetto, chiama Carpanesi in panchina (profeta in patria), costruisce una formazione straordinaria con Borgo e Pillon (attuale allenatore del Chievo). Conquista la C1 davanti a diecimila spettatori che riscoprono la voglia di calcio che si vive alla Spezia. Ma la società fallisce. Con i libri in tribunale si conquista la promozione.
Spezia inizia a sognare e trova un imprenditore voglioso, Mimmo Mastropasqua.
Nella stagione 1988-89 il sogno della B si infrange a mezz'ora dalla fine del campionato: gli aquilotti, a Lucca, perdono 3-1 alla trentaquattresima giornata. Inizia un nuovo declino. Anni appena sufficienti, poi mediocri, poi drammatico: Spezia di nuovo in C2. Fino al 2000 quando arriva una Triade di dirigenti milanesi, Zanoli, Trevisan e Viganò. Portano Mandorlini in panchina, costruiscono una formazione straordinaria che vince il campionato senza neppure una sconfitta. In C1 aquilotti protagonisti. Ma la B sfuma, per due volte, ai play-off.
Inizia l'era-Inter. Moratti acquista una fetta dello Spezia, arriva la vittoria della Coppa Italia di serie C. Della B non c'è traccia, anche se nel frattempo viene riconosciuto allo Spezia lo scudetto conquistato in tempo di guerra. È qualcosa.
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