«Un successo la mia Rai più milanese»

Antonio Marano, vicedirettore della Rai, trascorre il primo giorno della settimana nel suo ufficio milanese di corso Sempione. Corridoi e porte ministeriali anche qui come nella Capitale. Almeno nell’arredo la Rai è sempre la Rai a nord e a sud del Po. Poi, dal martedì al venerdì, il «vice» è in viale Mazzini. A Milano non c’è il mercato che si affanna in un via vai senza scampo come alla corte romana. Sette, otto appuntamenti ben calibrati, alla meneghina insomma. Ordine e tranquillità regnano in questo ufficio dove sono sempre accese le sette televisioni davanti alla scrivania.
Nato in Puglia nello stesso paesino di Michele Placido, cittadino di Varese da quando aveva tre mesi, leghista, amico di Umberto Bossi fin dagli anni ’80, estimatore del Ministro Roberto Maroni e del sindaco di Verona Flavio Tosi, Marano non è proprio a suo agio in questa chiaccherata informale che lo sblocca dalla sua proverbiale riservatezza.
«Da due anni non rilascio interviste sull’azienda - sottolinea - e non mi sarebbe dispiaciuto protrarre il mio silenzio, soprattutto in questo momento delicato. Ma a Milano una parolina in più si può dire. Con intelligenza».
Almeno all’ombra del Duomo la Radiotelevisione Italiana le dà soddisfazione, perché è lei l’autore della vitalità e dell’autonomia dell’azienda qui al... al Nord. Si può affermare così, no?
«Si può affermare che della Rai milanese sono complessivamente soddisfatto. I canali funzionano. E’ efficace la divisione messa in atto. Torino: polo di proposte legate al modello cartoon e ai bambini. Qui invece: Rai 5, canale dedicato alla cultura anche se è in stato ancora embrionale sia per budget, quanto per nomine e strutture. Sono contento di Sport 2 che valorizza importanti appuntamenti degli sport stagionali e della mazzetta di titoli: X-Factor, Quelli del calcio, Fazio, L’ultima parola e Italia sul 2. La buona operatività di questo sistema infonde un livello di qualità più elevato alla Rai in generale».
Allora tutto funziona come dovrebbe senza nessun difetto? Non è possibile. Lei è uno sanguigno: un neo lo troverà?
«Se proprio vuole questo neo, diciamo: l’azienda è a Milano dagli inizi degli anni ’50. Erano i tempi di Mike Buongiorno. Ma il grande cambiamento è avvenuto nel 2000, quando abbiamo iniziato ad evolverci tecnologicamente nelle forme ma non nella mentalità. Oggi usiamo le nuove tecnologie ma siamo ancora carenti nella cultura che queste avrebbero dovuto portare con sè, sia dal punto di vista organizzativo che produttivo. All’anticipazione tecnologica non è corrisposta un’operatività più snella, veloce, moderna».
C’è una data a cui pensa in modo particolare?
«La meta a cui dobbiamo giungere con un modello di produttività unica è Expo 2015. L’Expo milanese è un traguardo importante per tutto il Paese non solo per Milano e l’azienda dovrà camminare verso questo evento con impegno, serietà e soprattutto unità».
Niente federalismo?
«Tenta una provocazione? Ma io dribblo e avanzo lo stesso. Una ventata di energia viene dai nuovi canali tematici, dalle tecnologie multimediali e dalla Radio, che mi sta molto a cuore. Credo che la grana di un’azienda non si misura dai grandi eventi ma dai programmi di carattere, penso a quelli con Berselli ad esempio, che sono state le chicche che hanno fatto la differenza. E’ come per una casa editrice: la sua essenza non si respira dai best seller di cassetta che ammaliano il grande pubblico, ma da quei titoli forse meno eclattanti dai quali deriva la grandezza della nostra letteratura. Prediligo le cose minute e importanti che hanno un nocciolo profondo e di inscalfibile qualità. Il resto, cosa vuole, va avanti da solo e passa. E’ ciò che non passa mai che fa la differenza. Come nell’amore».
E per lei, nonostante tutto, la Rai è sempre amore? «Nonostante tutto, ovvero i tempi economicamente duri, i litigi, le crisi, le rotture, sì, è amore.

Quindi tanto, tanto lavoro, impegno e attività, lasciando le parole agli altri».
Alla politica ci pensa ancora?
«Glielo dirò quando avrò 65 anni, quando potrò finalmente fare qualcosa di concreto per il mio territorio, se non le spiace!».

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