Il 18 marzo scorso, prendendo atto dello stato di paralisi dei lavori parlamentari, dissi che ai politici provvisti di un po di decenza non restava che una cosa da fare: devolvere a qualche organizzazione umanitaria il loro stipendio. Dissi anche che io e Guido Crosetto, un collega di Forza Italia, lo avremmo fatto immediatamente. Si trattava di dare un segnale di credibilità e di responsabilità a tutti quegli italiani angosciati dal loro presente e dal futuro dei propri figli, tra tasse e balzelli di ogni genere, i quali si trovano invece di fronte a una «casta» politica che presente e futuro se li garantisce da sempre ostentatamente e lautamente, comunque vadano le cose.
Cosa abbiamo raccolto con quella iniziativa? A parte unaffettuosa lettera di ringraziamento di don Gelmini per il sostegno insperato, solo sorrisetti di scherno e alzate di spalle, come se il dibattito che intendevamo sollevare non fosse così serio e soprattutto così urgente. Ma la realtà si è presa la sua rivincita: il dibattito è esploso lo stesso e non in Parlamento, comera auspicabile, ma tra la gente comune.
In molti si mostrano scettici sulla possibilità di una risposta apprezzabile a un fenomeno di cui sarà bene non sottovalutare la portata. Quando sono in gioco i suoi interessi, dicono, lItalia delle istituzioni si comporta come un partito unico: fa quadrato e respinge compatta ogni tentativo di cambiare le cose. Non è del tutto vero e mi scuso anticipatamente con i lettori se per dimostrarlo sono costretta a continuare a citare me stessa. Nella scorsa legislatura come presidente della Commissione parlamentare di controllo della spesa pubblica, daccordo con la Corte dei conti, mi sono preoccupata di estendere questo controllo non solo sullattività del governo ma anche sugli enti locali. Il lavoro della Commissione doveva portare a un nuovo codice di regolamentazione, in grado di imporre drastici ridimensionamenti di spesa e labolizione di privilegi inaccettabili. In questa legislatura, la maggioranza ha abolito la Commissione mandando al macero quel tanto o quel poco che si era già fatto.
Sempre nella passata legislatura, dove sono stata relatrice come prima donna dellultima Legge finanziaria varata dal governo Berlusconi, ho ottenuto che nella legge venisse inserito un provvedimento che ridimensionava le auto blu. Con lattuale maggioranza, quel provvedimento è stato ignorato e lasciato cadere e il capitolo delle auto blu e relativi costi non ha fatto che ingigantirsi a dismisura. Daltra parte, cosa ci si poteva aspettare da un governo che ha moltiplicato fino a misure da primato assoluto il numero di ministri e sottosegretari? E tanto li ha moltiplicati che alla cerimonia della firma dal Capo dello Stato si è presentato senza che nemmeno ci fosse per tutti i dicasteri la copertura finanziaria prescritta dalla legge? Si dirà che non è molto e che si poteva fare ben di più. Ma era un inizio, un primo passo per cercare di recuperare la fiducia dei cittadini.
Come si vede, il partito unico che difende a spada tratta costi e privilegi della sua casta non è poi così unico e così unito.
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