Sui tagli al Fus la guerra non è perduta

Per il mondo dello spettacolo non ci sarà il becco di un quattrino nel decreto anticrisi. Purtroppo, nonostante l’impegno della sottoscritta e di altri parlamentari, gli emendamenti presentati, i comunicati e le manifestazioni di protesta in piazza, nonostante gli incontri con il sottosegretario Letta e altri membri del governo, i soldi tolti con l’ultima Finanziaria al Fondo unico per lo spettacolo non verranno in alcun modo reintegrati. Una scelta che, mi spiace ammetterlo, non condivido assolutamente. Una scelta pericolosa che rischia di mettere in ginocchio l’industria culturale del nostro Paese. Duecentocinquantamila posti di lavoro a rischio e 6.000 imprese in difficoltà avrebbero dovuto consigliare all’esecutivo un’attenzione maggiore. Conosco e condivido alcune delle motivazioni che hanno portato a questa dolorosa decisione. Il governo, nel pieno rispetto dell’ispirazione liberista che ne guida l’azione, non è più disposto a sopportare sprechi, privilegi, rendite di posizione, assistenzialismo. Questo governo intende aprire definitivamente l’industria dello spettacolo al libero mercato.
Io per prima, in questi anni, ho invocato la necessità di moralizzare l’erogazione e la gestione dei fondi pubblici destinati alle aziende culturali. Sono convinta che si debbano trovare strade e percorsi attraverso i quali liberalizzare totalmente l’intero settore. Sono altresì persuasa della necessità di giungere a questi risultati attraverso un profondo ma graduale processo riformatore. Credo infatti che una vera e profonda ristrutturazione del comparto debba passare necessariamente per una ridefinizione delle norme che lo regolano, per una riforma attesa invano da oltre 60 anni. Alla Camera è in discussione una proposta di legge quadro di riforma che reca la mia firma e che, salvo imprevisti, verrà approvata molto presto in sede deliberante dalla Commissione Cultura. Proposta che contiene molte misure innovative: estensione dello Statuto delle piccole e medie imprese a quelle dello spettacolo, accesso al credito agevolato, stimolo allo sviluppo attraverso la defiscalizzazione degli investimenti, strumenti a difesa dell’occupazione e ammortizzatori sociali.
Un esempio più di altri può aiutarci a comprendere di cosa stiamo parlando. In questi giorni il Piccolo Teatro di Milano è a New York con lo spettacolo Trilogia della Villeggiatura di Carlo Goldoni, commedia diretta e interpretata da Toni Servillo, nell’ambito del Lincoln Center Festival. Uno spettacolo magnifico che sta ottenendo un enorme successo di pubblico e che conferma l’eccellente qualità del teatro italiano, riconosciuta e apprezzata in ogni parte del mondo. Proprio il Teatro Piccolo di Milano è la dimostrazione di come lo spettacolo dal vivo nel nostro Paese possa trovare risorse autonomamente, senza gravare oltre misura sulle esangui casse dello Stato. Quest’anno il bilancio consuntivo del Piccolo si è chiuso in pareggio per un volume complessivo di 20 milioni e 700 mila euro, con una percentuale di autofinanziamento del 51,16 per cento che collocando il teatro milanese ai primi posti in Europa per capacità di reperire direttamente risorse. Risultati lusinghieri ottenuti in assenza di una legislazione che, attraverso agevolazioni fiscali e misure di incentivazione, aiuti le imprese ad attirare capitali privati. È del tutto evidente che quella intrapresa dal Piccolo è la strada da seguire. Ma è altrettanto evidente che gran parte delle imprese dello spettacolo in Italia risente pesantemente della crisi economica mondiale. In attesa dell’approvazione della legge quadro allora, non possiamo e non dobbiamo abbandonare migliaia di imprese e lavoratori i quali, a causa dei tagli operati, rischiano il fallimento e il posto di lavoro.

A settembre, con la riapertura del Parlamento, presenterò emendamenti a tutti i provvedimenti finanziari in agenda per chiedere a gran voce il reintegro dei fondi Fus. La battaglia è perduta ma siamo fortemente convinti di poter vincere la guerra.
*deputato del Pdl

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