Sul caso Grecia è l’ora dell’ottimismo: ma durerà?

Adesso è l’ora dell’ottimismo, come se di un rebus irrisolvibile si fosse trovata, d’improvviso, la soluzione. Ancora distante fino a giovedì, l’accordo sulla seconda tranche di aiuti da 130 miliardi di euro alla Grecia sembra ormai a un passo. Visti i precedenti, la cautela non è però mai troppa. Solo lunedì prossimo, quando l’Eurogruppo tornerà a riunirsi, si potrà sapere con certezza se il puzzle ellenico è stato completato, oppure se ci saranno altri rinvii, altre incertezze, nuove paure.
Per il momento, comunque, si scommette sulla possibilità di chiudere la partita in fretta. Ci credono le Borse, tutte positive ieri (+1,1% Milano, ma la vera star è stata Atene con un rotondo +5%) e senza patemi da spread (Btp-Bund a quota 365); e ci credono, soprattutto, gli attori protagonisti: dal premier italiano Mario Monti, alla Cancelliera Angela Merkel, fino al primo ministro greco, Lucas Papademos, che al termine di una telefonata si «sono dichiarati fiduciosi» sull’esito positivo del dossier Grecia. Un cambiamento di umore e di prospettive indotto dagli ulteriori tagli decisi dal governo ellenico alle pensioni sopra i 1.300, destinate a subire una decurtazione del 12% dopo quella del 10% del 2010. Il giro di vite, unito alle sforbiciate già assestate alle spese per difesa e sanità e ai salari di polizia, esercito, magistratura, frutterà quei 325 milioni di economie supplementari pretese da Unione europea e Fondo monetario internazionale. È la quadra al piano lacrime e sangue che la scorsa settimana aveva portato alle dimissioni di ben cinque ministri. Ieri, il governo ha perso un altro pezzo: il responsabile della Cultura, Pavlos Geroulanos, ha lasciato l’incarico dopo la clamorosa rapina avvenuta al Museo archeologico di Atene, durante la quale sono stati trafugati oltre 60 preziosi reperti in ceramica e bronzo.
Piove dunque sul bagnato. E anche se Atene mostra di aver fatto i compiti a casa, sul suo salvataggio resta qualche ombra. Il Financial Times riferiva ieri di profonde divisioni tra la Merkel, convinta che l’opzione del default debba essere considerata solo l’ultima ratio, e il suo ministro delle Finanze, il vulcanico Wolfgang Schäuble, che premerebbe per lasciare Atene al suo destino di bancarotta. La Bild è su questa linea: «Cacciate finalmente i greci fuori dall’euro!», si leggeva sul sito del giornale, con tanto di foto - che circolano in Grecia - della Merkel e di Schäuble in divisa nazista. Il governo tedesco ha comunque smentito il Financial Times, e lo stesso Schäuble ha detto che i Paesi dell’eurozona «sono sempre più vicini a una base solida per assumere una decisione lunedì». Restano da regolare «alcuni dettagli», ha però precisato il ministro. Il particolare non è irrilevante: sono spesso i dettagli che mandano all’aria accordi, matrimoni e amicizie. Del resto, non è stato ancora chiarito il tipo di assicurazioni politiche che i tre Paesi della tripla A (Germania, Olanda e Finlandia) ritengono necessarie per fidarsi degli impegni assunti dai partiti greci. Il timore è che la Grecia possa voler rinegoziare le intese dopo il voto anticipato di aprile. Così, per mettersi al riparo, Bruxelles sta pensando di far confluire in un conto vincolato gli aiuti, che a quel punto potrebbe essere utilizzati solo per il rimborso dei titoli di Stato. La Bce avrebbe intanto già deciso di scambiare i sirtaki-bond in portafoglio (50 miliardi il controvalore) con obbligazioni di nuova emissione.

Lo scambio anticipato permetterebbe alla banca guidata da Mario Draghi di non subire le perdite previste dall’accordo con i creditori privati, che prevede un taglio di circa il 50% dei loro rimborsi, per un importo pari a 100 miliardi.

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