
È una partita ormai ai supplementari quella che si sta giocando su San Siro. Ristrutturarlo o costruirne uno nuovo. Abbatterlo. Ingrandirlo. Restare a Milano o traslocare a Sesto San Giovanni. C'è un problema per ogni soluzione in campo. L'ultimo tempo si è giocato ieri, con un calcio piazzato (sulla Gazzetta dello Sport) di Vittorio Sgarbi che, indossando la maglia di sottosegretario alla Cultura, ha ribadito: «San Siro non si tocca. Abbattere il Meazza è insensato». Lo aveva detto e lo ha ridetto adesso, a ridosso della prevista delibera di giunta che probabilmente già oggi ma in ogni caso entro il 21 gennaio, dovrebbe delineare una volta per tutte il futuro del tempio del calcio milanese.
La rimessa, nel frattempo, se l'è giocata a caldo Matteo Salvini, nel suo ruolo di ministro per le Infrastrutture oltre che di tifoso di calcio: «Milano non può più aspettare, non possiamo più perdere tempo. Dopo anni di chiacchiere, progetti, di riunioni bisogna riqualificare e dare nuova vita al quartiere San Siro e soprattutto dare alla città, ai tifosi e alle squadre uno stadio nuovo, più moderno, più sicuro, più green, più europeo». La palla torna al centro ma i giochi non si fermano. E se per Malagò, presidente del Comitato olimpico «è un tema che riguarda il Comune, noi abbiamo solo fatto presente alcune esigenze. Con il Comune siamo in piena sintonia, c'è identità di vedute», Salvini si è smarcato: «Dopo anni di lavoro, progetti, incontri e impegno, è ora di partire coi lavori. Sgarbi parla a titolo personale e non ha nessuna possibilità di bloccare un progetto atteso da anni: da milanese, da tifoso e da vicepremier dico avanti futuro».
Ma Sgarbi non fa passi indietro. Anzi. «Che Salvini per ragioni che non conosco sia d'accordo con Sala mi pare di per sé un elemento negativo per lui». Ribadisce che «il vincolo relazionale sullo stadio verrà fatto», e «se vogliono fare delle riunioni di Giunta le facciano, se ci tengono ad esercitarsi sul piano dialettico e politico proseguano pure, noi faremo il vincolo comunque».
San Siro secondo Sgarbi va salvato perché lo sport ha «un ruolo fondamentale nella nostra visione del mondo e Milano è una delle capitali del calcio italiano. In quello stadio hanno giocato Mazzola e Rivera, è intuitivo che San Siro non possa essere abbattuto, non riesco davvero a capire». Non solo. «A San Siro - spiega Sgarbi - ci sono state tante personalità del nostro tempo e non va dimenticato che i tifosi di Milan e Inter sono emotivamente legati a questo posto» Racconta che sono stati in tanti a chiamarlo «per sostegno», da Berlusconi a Moratti fino a Tabacci, Rampelli e gli ambientalisti. «Anche se non ho alcun interesse per il calcio - dice - ho intuito che la città sente lo stadio come proprio: ho soltanto interpretato un sentire comune. Il vincolo relazionale sta proprio nel difendere questo sentire comune, per far sì che le persone continuino a rispecchiarsi in un simbolo». Sgarbi ricorda che sul Meazza non solo c'è un parere di due comitati, «al tempo di Franceschini, che indica il vincolo relazionale che riguarda la storia e la memoria del monumento, come fosse un monumento a Falcone e Borsellino che qualcuno può trovare non bello ma che non si può abbattere» ma che potrebbe aggiungersi anche quello monumentale che scatta allo scadere dei 7 anni di vita che cadono proprio nel 2024.
Ma su Salvini l'aspetto romantico non ha nessun appeal. «Superiamo i no e diamo finalmente al popolo del calcio e alla città di Milano lo stadio nuovo che si merita». La partita quindi per il momento è sempre accesa e le tifoserie si scaldano. «Una metropoli come Milano ha bisogno di un nuovo grande stadio in linea con gli altri grandi stadi europei» commenta anche Fabrizio Cecchetti, coordinatore regionale lombardo della Lega non lesinando esempi. «Li abbiamo sotto gli occhi, dall'Inghilterra alla Germania a tutto il nord Europa: impianti capienti, coperti, con maggiore visibilità per le partite di calcio e maggiore acustica per i grandi concerti.
Per colpa dell'immobilismo della giunta Sala si stanno perdendo anni, è ora di darsi una mossa. Un nuovo stadio lo chiedono le due grandi società milanesi e i loro tantissimi tifosi: si può sapere cosa stiamo aspettando?».
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