Sul Muccioli «proibizionista» Sgarbi sbaglia in pieno

Tirato pretestuosamente in ballo da Sgarbi, che accusa «la Moratti di aver imparato da Muccioli a proibire solo» (Il Giornale di mercoledì scorso), vorrei dire qualcosa in merito, sia come educatore che come produttore di vino. Non so a quale Muccioli si riferisca il sindaco di Salemi. Se parla di mio padre, mi pare ingeneroso e ingiusto che riconduca, e non è la prima volta, la sua figura al solo proibizionismo. Proibire è una parte, scomoda e inevitabile, dell’educare. Mio padre questo lo sapeva e lo ha vissuto, con coraggio e generosità, tutta la vita. Ha accompagnato migliaia di ragazzi a riconquistare la propria libertà. Gli ha dato entusiasmo, senso, prospettiva di futuro. Soprattutto, è stato un esempio. Non faceva vane, teoriche lezioni di vita. Ti faceva vedere, con i suoi comportamenti, coerentemente, che cosa significa onestà, responsabilità, rispetto. E c’era sempre.
Questo enorme patrimonio di umanità, così prezioso, in una società che ha perso la passione di educare, cerchiamo di metterlo a disposizione, oggi, di tanti ragazzi. E non solo di quelli che vogliono recuperarsi dalla tossicodipendenza. I ragazzi di San Patrignano hanno raggiunto, in incontri teatrali di prevenzione basati sulla «peer to peer education», oltre 500mila adolescenti in tutta Italia: quelli che ancora non ci sono caduti e che stanno chiedendosi, con una canna in mano e un bicchiere nell’altra, se valga veramente la pena di impegnarsi e fare fatica di crescere in un mondo in cui raramente trovano adulti pronti ad ascoltarli e interessarsi veramente alle loro paure, ai loro bisogni. Un mondo che ti impone di essere bello, famoso, ricco a qualsiasi costo e nel più breve tempo possibile. Un mondo da cui le regole, la fatica, il sacrificio, il dolore e la morte siano banditi o, al massimo, virtuali.
È un mondo in fuga dalla realtà. Cioè drogato. Ecco perché si drogano, la metà degli adolescenti. «Alcolcannecocasessogiocorealtàvirtuale», ogni droga diventa bene di consumo, purché consumata secondo modelli e convenzioni sociali alla moda dei tempi.
Basta non usare la siringa e sniffare durante l’happy hour e il gioco è fatto, non sei un drogato ma un figo. Tanto lo fanno tutti.
Per l’alcol ci sono già regole. Da anni. Ai minorenni non si possono vendere alcolici. Chi ha fatto rispettare i divieti? Chi ha multato pesantemente e revocato licenze commerciali? Nessuno. Era più importante vendere. Anche gli esercenti e i produttori di alcolici votano.
Quasi tutti i ragazzi di San Patrignano hanno usato alcolici come droghe. Per sballare. In comunità imparano a coltivare una vigna, a potare e vendemmiare, a fare vino e a goderne, bevendo con sobrietà, senza ubriacarsi. Trenta di loro, il mese scorso, sono addirittura diventati sommeliers.
Se c’è passione e sostanza educativa anche questo è possibile. Chi basta a se stesso ha bisogno e gode della propria lucidità. Non ha bisogno di sballare. Chi sballa non sta bene, non è felice e ha bisogno di qualcuno che si prenda la responsabilità di fermarlo e di indicargli un’altra strada.
Non solo proibizione, quindi, ma esempio e offerta di strumenti e risorse educative, di centri di aggregazione e progetti di formazione.
Letizia Moratti non ha bisogno del mio intervento, queste cose le sa.

Le ha imparate, come me, da un uomo che ha accompagnato tanti ragazzi a capire il significato e a riappropriarsi della libertà. E che la libertà potrebbe certo insegnarla a chi, invece, propone di fare della città che amministra un luogo di libero accesso allo sballo. L’esatto contrario della libertà.
Comunità di San Patrignano

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