Sul Paese l’ombra della guerra civile

Alla fine lo scempio della cupola dorata di Samarra rischia di rivelarsi più pericoloso di qualsiasi bagno di sangue. Peggiore della strage di 22 sciiti dilaniati da un’autobomba martedì sera nella capitale. Questa repentina successione di attacchi alla vigilia della prima convocazione del nuovo parlamento fissata per sabato non è casuale. Chi li progetta vuole rendere impossibile la formazione di un governo con la partecipazione di ministri sunniti, sciiti e curdi e sogna d’innescare un processo di guerra civile capace di mettere fine alla nazione irachena. In questa prospettiva il mandante e l’esecutore più probabile sembra il gruppo di Al Qaida in Irak guidato da Abu Musab al Zarqawi che, a partire dal febbraio 2004, ha rivendicato decine di attacchi contro luoghi sacri e personalità sciite. La tempistica dell’attentato stavolta fa, però, anche il gioco delle forze sciite più intransigenti. Martedì l’ambasciatore statunitense Zalmay Khalizad aveva puntato il dito contro l’Iran accusandolo di volere destabilizzare il Paese e contro le milizie sciite del Consiglio supremo per la rivoluzione islamica coinvolte nella catena di rapimenti, esecuzioni sommarie e attentati anti sunniti. Citando il «ruolo negativo» di Teheran, Khalizad accusava i servizi segreti iraniani di «lavorare con le milizie, con i gruppi estremisti fornendo loro armi e addestramento». Khalizad aveva inoltre esortato a non affidare i ministeri della Difesa e quello degli Interni - da cui dipendono esercito e polizia - a esponenti di forze settarie come il Consiglio supremo della rivoluzione guidato da Abdel Aziz Hakim. Hakim ha immediatamente preso a pretesto l’attentato di Samarra accusando l’ambasciatore americano di favorire il terrorismo sunnita. «Con quelle dichiarazioni ha dato luce verde ai terroristi e perciò divide con loro parte della responsabilità».
Le paure di Khalizad potrebbero rivelarsi quanto mai fondate. La formazione di un nuovo governo capace di superare settarismi e divisioni etniche collide sia con i piani delle formazioni del radicalismo sunnita vicino ad Al Qaida sia con quelle dell’estremismo sciita manovrate dai servizi segreti legati ai gruppi di potere più estremisti di Teheran. Una guerra civile, capace di disgregare l’Irak, favorendo la scissione del triangolo sunnita dal settentrione curdo e dal sud sciita, metterebbe fine ai progetti americani e favorirebbe il sogno «qaidista» di trasformare il triangolo sunnita nel primo califfato moderno.

Un califfato sede dei campi d’addestramento per le milizie islamiche e i terroristi pronti a nuovi attacchi all’Occidente.
L’estremismo sciita sfrutterebbe l’egemonia nelle zone meridionali garantendo ai loro controllori iraniani la fine dell’influenza Usa e il controllo dei pozzi petroliferi di Bassora.

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