Sul palco il sax di Evans jr il pupillo di Miles Davis

A chi non piace Miles Davis? Al Blue Note, stasera (ore 21) e domani (alle 21 e alle 23.30), è di passaggio Bill Evans, un sassofonista che del gigante del jazz non solo è stato ed è grande fan («Miles fu grande amico, un innovatore e una figura che ancora oggi non smette di ispirarmi»), ma anche uno stretto collaboratore. Nei primi anni Ottanta, infatti, un Evans giovanissimo (aveva solo 22 anni) suonò per quattro anni con il mitico trombettista dell'album capolavoro «Kind of blue».
Da non confondere con l'omonimo pianista scomparso 30 anni fa, il musicista dell'Illinois, allievo di Dave Liebeman, classe 1958, dopo il proficuo incontro fatale con Davis, con cui incise «The man with the horn» e «Star people», ha brillato per un percorso artistico all'insegna dell'eclettismo e della refrattarietà alle etichette. Nel suo curriculum la militanza nella Mahavishnu Orchestra del «mostro sacro» John McLaughlin tra il 1984 e il 1986 e, negli anni successivi, le session con Herbie Hancock e Gil Evans, e stelle del rock come Mick Jagger e Andy Summers, e soprattutto un progetto solista che va avanti ininterrottamente da oltre un quarto di secolo e che, nel suo complesso, è diventato terreno di incontro e laboratorio di grandi talenti come, per esempio, l'ex bassista dei Weather Report Victor Bailey; Darryl Jones (altro grandissimo del basso elettrico: suona con i Rollino Stones); il compianto chitarrista della Gil Evans Orchestra Hiram Bullock (scomparso nel luglio di due anni fa a soli 52 anni); e il funambolico batterista jazz-rock Dennis Chambers.
«Come jazzista adoro tuffarmi in realtà sonore diverse e vedere cosa posso ricavarne», ha confidato il biondo sassofonista «campione» della fusion che, nel tris di show al Blue Note (il ticket di ingresso costa 35 euro; forti sconti per giovani e under 65enni), sarà accompagnato da un'agguerrita formazione di cui fanno parte Mitch Stein, uno dei chitarrista più richiesti di New York; Mark Egan (basso), Josh Dion (batteria) e Ryan Cavanaugh (banjo).

La presenza del banjo rifletta una (tutto sommato) recente infatuazione di Evans per l'eccitante miscela di jazz elettrico e di bluegrass, il folk dell'America di inizio Novecento. Infatuazione resa esplicita nei suoi due ultimi lavori: «Soulgrass» del 2005 (entro fine anno è atteso il secondo capitolo) e «The other side of something» del 2007.

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