Sul ring per cercare il senso della vita

«Italian Factory», progetto nato con l’obbiettivo di qualificare la nuova pittura italiana anche a livello internazionale, ha presentato negli spazi della galleria «First» di via Margutta uno dei pezzi forti della scuderia, l’artista milanese Federico Guida. La mostra, che presenta un inedito dialogo tra l’opera di Guida e quella fotografica di Maslen & Mehra, costituisce il primo capitolo del progetto «Around», che vedrà rappresentata una serie di doppie personali di artisti italiani e stranieri. Nella mostra romana, Guida propone uno scenario diverso rispetto alla produzione precedente, più orientata a un realismo esistenziale che trae origine dall’immagine fotografica e monocroma ricca di digressioni materiche. Il ciclo dei pugili, protagonisti del nuovo progetto, sono figure plastiche dove è ancora una volta in primo piano il corpo, territorio di energia e pulsioni inconsce. A differenza del passato, però, l’immagine è più pittorica e anche la materia lascia spazio alla forza del colore. I fondi, che l’artista era solito interpretare ora con accenti chiaroscurali ora con l’inserimento di elementi materici, esplodono in puri cromatismi creando un disorientamento quasi baconiano tra la forza dei volumi corporei e la piatta immobilità dello spazio. Al centro ancora una volta il corpo che, come descrive Mare Auge, è nello stesso tempo «ciò che si può apprendere dell’interiorità individuale e forma immediata dell’esteriorità, insieme la parte più intima dell’uomo e la parte più concreta dell’universo; corpo che è materia e vita, passivo e attivo, superficie per iscrizioni ed emettitore di segni, ciò che permette di ordinare il resto poiché può servire a mettere in ordine il mondo esterno». Nel lavoro di Guida il corpo diviene a pieno titolo un «microcosmo» in grado di dialogare con il «macrocosmo» della Natura con lo scopo di svelarne i segreti.

Corpo vettore di messaggi e simboli, ma soprattutto strumento di rinnovamento morale. Il contenuto pare dissolversi all’interno di un percorso che vede nelle autonome possibilità del mezzo pittorico il vero strumento per un’indagine del Vero.

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