Giacomo Susca
Andata e ritorno su un binario morto. Quello degli ascolti inferiori alle attese, e di molto. Dopo le prime cinque puntate mandate in onda su Rai Due, la fiction girata a Milano nelle stazioni e a bordo dei treni fa registrare un magro bilancio: difficile sfondare il tetto del sei per cento di share, un risultato davvero deludente. E si parla già di «interruzione delle trasmissioni». Per testare l'impopolarità dell'instant-comedy tutta meneghina basta un giro tra coloro che condividono tempi e spazi dei protagonisti della serie televisiva. Pochi i milanesi che di Andata e ritorno hanno sentito parlare, ancora meno chi ne ha visto almeno uno spezzone. A Cadorna come in Centrale. Sarà per l'orario di programmazione (le sette di sera) - quando la maggior parte delle persone è impegnata a rincasare a bordo degli stessi treni del telefilm. Troppo linde quelle carrozze riprese in tv, poco credibile il confortevole pendolino in cui Anna Roversi e gli altri personaggi chiacchierano amabilmente nel tragitto quotidiano verso casa. Fiction o fantascienza?
Chiedetelo, ad esempio, a Giada Zanichelli, impiegata in città. «Nella realtà i treni sono sempre in ritardo, non hanno carrozze sufficienti. Non ne potevo più di fare due volte al giorno la tratta Milano-Novara. Ho dovuto prendere casa qui». Dello stesso avviso Roberto Franco, che scende di cattivo umore dal regionale proveniente da Garbagnate. «È sempre la solita storia: ritardi pari alla durata del viaggio e scompartimenti strapieni. E poi la sporcizia, anche se spesso la colpa è della maleducazione della gente. Lavoro in una ditta che si occupa di impianti antincendio - continua - a volte mi accorgo che gli estintori a bordo non sono a posto». Valeria Varisco, studentessa proprio come Giorgia della finzione, promette che guarderà il serial con vivo interesse. «Intanto posso garantire che si viaggia malissimo, uno sopra l'altro, al freddo d'inverno e al caldo in estate. I costi delle Nord non sono proporzionati al servizio che offrono». Marco Manca è un pendolare al contrario, nel senso che per lavoro capita che prenda il treno per spostarsi dal centro città verso l'hinterland. «La puntualità è un optional, la sporcizia è totale, si viaggia come sardine in scatola. Altro che introdurre il ticket d'ingresso per entrare a Milano. I pendolari sono già tartassati abbastanza». Giovanni S. ha lavorato per 39 anni nelle FN. «Il problema è lo stesso da sempre. Non basta aumentare il numero dei treni quando i viaggiatori si moltiplicano anno dopo anno. Piuttosto andrebbero cambiate tratte e composizione delle vetture».
Il ritornello delle lamentele non varia in stazione Centrale, mentre sugli schermi in fondo ai binari è trasmessa la sigla luccicante di «Andata e ritorno». A pochi passi di distanza la signora Mariolina Marras attende fiduciosa il «suo» interregionale per Genova. «Le indicazioni non sono chiare. Quanto dovrò aspettare ancora? E so già che una volta a bordo dovrò stare in piedi». Rinaldo Poluzzi recrimina per «l'appuntamento saltato per via di oltre mezz'ora di ritardo sul Pavia-Milano. Non auguro a nessuno una vita da pendolare». La donna di fianco a lui condivide in pieno. Non è l'unica.
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