«Sulla missione in Libano il premier ha troppa fretta»

Emiliano Farina

da Roma

«Fretta, eccesso di protagonismo e troppi nodi ancora da sciogliere». Forza Italia vuole vederci chiaro sull’invio delle truppe in Libano e chiede la discussione in Parlamento. Renato Schifani, capogruppo al Senato, rivolge un doppio invito: ai «nemici» della maggioranza e ai colleghi dell’opposizione. «Non siamo a ferragosto e le Camere sono in condizioni di essere convocate».
Il governo mette d’accordo Ue, libanesi, hezbollah e pacifisti. E 7mila caschi blu sono pronti a partire. Cos’è che non quadra?
«Ci stiamo accollando troppi rischi: perché l’Italia manda più soldati degli altri Paesi? La leadership si conquista con la politica e non con le dimostrazioni di forza. Senza la mediazione di Kofi Annan ora saremmo con il cerino in mano».
Cosa chiederete in Aula?
«I motivi di tanta fretta, chiarezza sulla risoluzione 1701 su regole di ingaggio, disarmo degli hezbollah e sullo schieramento delle forze Unifil (ossia dei nostri soldati) sui confini siro-libanesi».
Voterete sì?
«Mi auguro che il governo prenda atto delle nostre richieste. Di sicuro non daremo un appoggio al buio. Il dibattito servirà per schiarire le idee alla maggioranza ma anche a noi».
D’Alema passeggia a Beirut con gli hezbollah e poi «flirta» diplomaticamente con il ministro degli Esteri israeliano. Cosa ne pensa?
«È un uomo intelligente ma soffre di protagonismo. Ha sbagliato, ma ha seguito la propria indole. Con questo modo di fare si mette dalla parte della sinistra antagonista».
Il ministro degli Esteri ha annunciato che se in Libano andrà bene «ragioneremo su una forza multinazionale anche a Gaza».
«È un’uscita pericolosa e inconcepibile perché i problemi del Medio Oriente vanno affrontati senza fretta e con il coinvolgimento del Parlamento. Ripeto, il suo è un eccesso di protagonismo».
È d’accordo sul fatto che l’Europa abbia trovato una politica comune?
«L’Ue ha dimostrato di essere in grande difficoltà perché, di fatto, non esiste. Sulla missione in Libano ha espresso in ordine tre silenzi e uno stato di torpore. Il risveglio c’è stato soltanto grazie all’energica azione di Annan e degli Stati Uniti».
Le vostre posizioni sul Libano sono paradossalmente simili a quelle dei dissidenti della sinistra: più dialogo e meno fretta.
«Li invito ad accodarsi alla nostra richiesta di un dibattito parlamentare».
Siete stati accusati di esercitare un’opposizione troppo blanda. È vero?
«Noi non facciamo un’opposizione talebana come quella del centrosinistra con il governo Berlusconi. La nostra cultura politica ci invita a non ripetere i loro errori. Affrontiamo tutto senza radicalismi e preconcetti. Sulla riduzione dei tempi per la cittadinanza faremo un’opposizione seria e forte. E comunque Berlusconi ha cancellato ogni dubbio su possibili inciuci».


Eppure, proprio in Senato, avete avuto più volte la possibilità di fare lo sgambetto al governo o no?
«È vero, e infatti invito i colleghi della Cdl a un maggiore senso di responsabilità affinché le troppe assenze non si ripetano più. Aspetto il 19 settembre quando l’aula affronterà la sospensione della riforma dell’ordinamento giudiziario. Alcuni senatori a vita voteranno no. E potremmo anche spuntarla».

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