 
Due mercanti veneziani attraversano il deserto con una carovana diretta in Persia. Sono il giovane Zuane e il molto più esperto Niccolò che hanno deciso di giocare le loro carte alla corte del nuovo e potente signore dell'Oriente; colui che gli occidentali chiamano Tamerlano (1336-1405) fondendo il suo nome, Timur, e il suo soprannome: lo zoppo. Non è stata una buona idea: le orde di Tamerlano imperversano e gli affari sono andati come sono andati. Poi nel mezzo del nulla, flagellato dal vento e dalla sabbia, compaiono i resti di un'altra carovana. Sono ossa calcinate dalle intemperie ma c'è un uomo che nel morire è riuscito a tenersi stretta una strana cassettina. Quando la aprono, nel mezzo del nulla, trovano degli strani blocchetti di metallo: sono incisi di strani simboli. "Messer Niccolò ne prende uno in punta di dita, lo saggia coi denti. Non è argento ma una lega che assomiglia". Ovviamente la raccolgono e la portano con loro anche se "Zuane fissa rapito quel pezzetto di metallo lucente, e più lo fissa più gli sembra di sentire una strana inquietudine".
Inizia così il nuovo romanzo di Carlo Vecce, Codice Sibilla (Giunti, pagg. 396, euro 22), che porta il lettore a riscoprire il mondo in fermento in cui ha preso corpo la rivoluzione della stampa con i caratteri mobili. Vecce, accademico dei Lincei e studioso della civiltà del Rinascimento, traccia fili sottili tra l'estremo Oriente e l'Europa tra una tecnologia miracolosa e il Sacro Romano Impero del 1438, ovvero una terra desolata, devastata da guerre, pestilenze e carestie, terrorizzata dalle profezie dell'Apocalisse e della fine dei tempi. Ci sono Inquisitori che vedono ovunque i segni del Male, monaci esaltati, feroci guerrieri, e curiosi avventurieri che vengono dall'Italia, girano per l'Europa in cerca di manoscritti sepolti in vecchie biblioteche. Nel mezzo un sognatore di nome Gutenberg che venendo da una famiglia esperta di metallurgia sogna un nuovo (o antico) modo di creare i libri.
Vecce crea una storia dove Storia e fantasia, dove reale e possibile si intrecciano ad arte. Per raccontare il dilemma della tecnologia. Esisteva nel Quattrocento ed esiste oggi, un tempo i caratteri mobili oggi la rete.