Al summit Congelati i prestiti europei

Il regime siriano, sempre più isolato, continua a sparare sui propri cittadini che chiedono democrazia: almeno 30 persone sono morte ieri in una nuova giornata di repressione sanguinosa delle forze di sicurezza inviate in varie città del Paese dal presidente Bashar el-Assad. solo a un posto di blocco nella provincia meridionale di Deraa, dove mesi fa è cominciata la ribellione, sono state ammazzate secondo fonti dei rivoltosi, 15 persone.
Le varie forme di pressione internazionale sembrano lasciare indifferente il dittatore di Damasco, ben consapevole che una resa potrebbe portarlo a fare la tragica fine di Gheddafi o quella penosa di Mubarak. D’altra parte, il Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Ue ieri a Bruxelles ha partorito solo più severe sanzioni verso 18 personaggi del regime (un po’ poca cosa rispetto alle 3500 persone uccise nelle strade della Siria in mesi di rivolta) e al congelamento dei prestiti europei nel Paese. Sul fronte arabo, invece, Assad raccoglie le poche buone notizie che arrivano per lui e fa orecchie da mercante a quelle cattive. Quelle buone sono che il suo regime riesce ancora a condizionare parte dei suoi vicini: non solo il Libano ridotto nuovamente a protettorato, ma anche il nuovo Irak democratico, il cui ministro degli Esteri Zebari ha giustificato l’astensione del suo Paese sulla sospensione della Siria dalla Lega Araba ricordando che «la Siria è un Paese fratello»: non così i suoi cittadini, evidentemente.

Da Turchia e Giordania arrivano invece discorsi diversi: dopo l’attacco alle sedi diplomatiche turche in Siria la rottura definitva tra i due Paesi è imminente, mentre per il re giordano Abdallah «Assad dovrebbe dimettersi». Ma lui resiste: conta sulle divisioni dell’Occidente.

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