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Il supereuro minaccia l’export e ipoteca la fragile ripresa Ue

Il supereuro minaccia la ripresa economica di Eurolandia, già piuttosto fragile. Col cambio dollaro-euro ormai a pochi centesimi da quota 1,50, i ministri finanziari dell’Eurogruppo, riuniti al castello di Senningen in Lussemburgo, incominciano a porsi il problema. La forza della moneta europea, o meglio la debolezza di quella americana, danneggia l’export: in agosto, le esportazioni europee verso il resto del mondo sono diminuite del 23% rispetto allo stesso mese del 2008. C’è di mezzo la crisi, è vero; ma c’è di mezzo anche un cambio molto sfavorevole. Dall’inizio dell’anno la moneta europea si è apprezzata di circa il 20% rispetto a quella statunitense e, in parallelo, su quella cinese.
L’analisi dei ministri è più o meno questa: se il calo del dollaro si ferma qui, l’Europa può sostenerla, anche se con qualche difficoltà; ma se la discesa della moneta americana dovesse proseguire - alcuni analisti parlano apertamente di un cambio di 1,60 dollari per euro alla fine dell’anno - allora le cose si farebbero davvero preoccupanti. Non ci sono risparmi sulla bolletta energetica, in quanto al calare del dollaro aumenta il prezzo del petrolio (ieri alle soglie di 80 dollari al barile, livello che non si vedeva da almeno un anno). Inoltre bisogna considerare che l’aggancio dello yuan cinese al dollaro pone grossi problemi anche per le nostre esportazioni verso il gigante asiatico. «È chiaro che nei prossimi mesi - dice il ministro delle Finanze austriaco Josef Proell - dovremo guardare al livello dell’euro nei confronti del dollaro e della valuta cinese». Il presidente dell’Eurogruppo, il lussemburghese Jean-Claude Junker si recherà presto a Pechino con il commissario Joaquin Almunia e il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, per sapere di più sulla politica monetaria cinese.
Nell’incontro di Lussemburgo, spostato nel castello di Senningen a causa della protesta dei produttori di latte che, con i loro trattori, hanno bloccato il centro della città, i sedici ministri finanziari dell’Eurozona - Giulio Tremonti in rappresentanza del nostro Paese - hanno fatto il punto sulla ripresa, e sulla situazione dei conti pubblici.

Sempre in agenda, ma a quanto pare senza sviluppi particolari, il tema della «exit strategy» dalle misure straordinarie prese dai governi europei per fronteggiare la crisi.
Oggi la riunione si allarga in Ecofin, con tutti i Paesi dell’Ue: si dovrebbe discutere di paradisi fiscali e, forse, di derivati.

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