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La Superwoman che dedica tutte le vittorie a un azzurro

nostro inviato a Melbourne

Lo ha ammesso con la stessa levità con cui solleva il palmo della mano dove ha scritto «Love» o va in vasca con la cuffia del suo amore italiano, sotto quella della nazionale francese. «Sì, la nazionale di calcio è forte come me». Detto per soddisfare la domanda di un giornalista, ma con la determinazione di chi stia leggendo un testo di greco, conoscendo solo il latino. Forte? Molto di più. Laure Manaudou è una superwoman. Non perde occasione per dimostrarlo: le medaglie crepitano, i records anche. Quello di ieri è il secondo della sua collezione recente. L’altro, quello a cui tiene di più, lo ha strappato alla mitica Janet Evans l’anno scorso nei 400 stile libero. «La specialità che sento più mia».
Laure è una meravigliosa guerriera della piscina. Conosce solo la legge del più forte. Quando è stanca raccoglie un argento nei 100 dorso. E magari si sfianca in tre gare, due finali a distanza di nemmeno mezz’ora. Quando vuol stupire va in vasca e dice: adesso vi faccio vedere. Così ieri nei 200 stile libero. Poteva essere la gara di Federica Pellegrini che è amica sua e di Luca Marin, il siciliano tenebroso che l’ha colpita al cuore durante gli europei di Budapest in agosto. Niente da fare: Laure voleva regalarsi quell’oro per festeggiare proprio con Marin. Nulla di speciale, ci sono ancora troppe gare. Ma il tanto per guardarsi negli occhi, sotto il cielo australiano. Detto e fatto ieri sera.
Da quando c’è lui, la vita è proprio un’altra cosa. Prima la Manaudou era un capitale, sportivo e pubblicitario. Amata dalla Francia e dagli sponsor. Ora che la ama anche Marin, lei ha capito il senso della vie en rose e se la spassa. Prendendosi qualche licenza. Dispensa sorrisi, come prima non le capitava quasi mai. Philippe Lucas, un tipo dai capelli alla Sandokan ed una smisurata stima di se stesso, l’ha tormentata per anni, essendo il suo allenatore. Ora la gestisce, perché è campionessa e diva, una bellezza (anche fisica) e un tesoro. Ieri Laure ha raddoppiato gli ori di questo mondiale: nessuna atleta negli ultimi 21 anni era riuscita a conquistare il primo posto nei 200 e 400 sl, raffinatezza da Guinness. E in tutta la storia del nuoto ci sono riuscite solo in tre.
Laure è venuta in Australia caricando l’agenda degli impegni di almeno nove gare individuali. A qualcuna ha rinunciato cammin facendo, ma tra misti, dorso e stile libero c’è da perdere la testa. Lei no, è un Phelps in gonnella con la variante di essere più sveglia. Prima dei mondiali L’Équipe, il giornale sportivo francese, ha condotto un’inchiesta su Laure e l’Italia: quanto è amata, quanto piace, se ha fatto successo mediatico grazie alla love story con Marin. Certo, meglio lei di Zidane. A modo suo la Manaudou ha cercato di ricucire il rapporto sportivo incrinato dopo la finale dei mondiali. Due sorrisi, una fuga romantica a Capri con il fidanzato, un autunno e un inverno passati avanti e indietro fra la Francia e l’Italia sull’aereo privato. Se lo può permettere. La lista degli sponsor e degli introiti è lunga e di ogni tipo: un gestore di elettricità, una ditta di cristalleria, porcellane e affini, un top dei Resort, un’agenzia di informazione sportiva, lo sponsor tecnico. Una linea «prendimi se puoi» che riassume la vita in vasca, cominciata a cinque anni, giusto per imparare a nuotare, e nel pieno del fulgore ora che gli anni sono venti.

Nella famiglia Manaudou lo sport è sempre stato di casa: il papà impiegato di banca che prima giocava, poi allenava una squadra di pallamano, la mamma presa dal badminton. Mancava una laurea di campione. È arrivata Laure.

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