Supplica a Sant’Antonio: liberaci dalla tua catena

Durante la campagna elettorale due burloni nascosti sotto gli pseudonimi Giulivo e Zanzara hanno messo in Internet una «dichiarazione di voto» firmata da Oriana Fallaci. Era un pesce d’aprile, ma parecchi giornalisti ci sono cascati. Ne è scaturita una babilonia che ha obbligato la scrittrice a intervenire da New York con una dichiarazione (vera) affidata all’Ansa: «Vengo informata che in un giornale di Milano, e non so a quali altri giornali o altri mezzi di comunicazione, è arrivata per e-mail una falsa lettera che vigliaccamente usando il mio nome invita l’elettorato a non votare per uno dei due schieramenti. A salvaguardia della mia onorabilità e a titolo cautelativo, indignata e disgustata dichiaro che chiunque la pubblichi o in qualsiasi modo la diffonda e se ne serva (...) verrà da me immediatamente deferito all’autorità giudiziaria».
Finita lì? Macché. Passano tre giorni e alle ore 18.01 del 7 aprile l’agenzia Italia se ne esce con questa notizia: «“Mi hanno chiesto una dichiarazione di voto. E io rispondo sì, perché è questo il momento di dichiarare con forza, con orgoglio la propria appartenenza. Senza paura. Per il nostro futuro”. Lo afferma Oriana Fallaci in una lunga dichiarazione alla stampa», e via con l’appello farlocco disteso in due lanci chilometrici, subito ripresi dal sito di Repubblica, che li ha lasciati in rete per due ore abbondanti. Finché qualche anima pia non ha segnalato al quotidiano del Fondatore che trattavasi di presa per i fondelli. Ma all’Agi e a Repubblica non leggono l’Ansa? Esaminando il falso arrivato nelle loro mani, che scimmiottava malamente lo stile della Fallaci, i colleghi non si sono chiesti come mai una scrittrice nata a Firenze, e dunque non bisognosa di sciacquare i panni in Arno, pasticciasse con ipsilon e iota («Woytjla») e sbagliasse gli accenti («si» in luogo di «sì», «non ci stà», «perchè»)?
Immaginate ora il mio stato d’animo quando ho visto sul Giornale questo titolino: «Un appello per salvare la vita di un bambino». Non è possibile, mi sono detto. Al massimo poteva figurare nel libro Le voci che corrono di Jean-Noël Kapferer, sociologo francese sempre a caccia di bufale mediatiche. Poi mi sono consolato pensando che per far avere una montagna di biglietti da visita a un inesistente Gary Richards, collezionista di 7 anni affetto da un immaginario «cancro in fase terminale», lo stilista Valentino scrisse alla regina Sofia di Spagna e a Gianni Agnelli, Sharon Stone, Kevin Costner e Maurizio Romiti; Romiti scrisse a Marco Tronchetti Provera e Diego Della Valle; Della Valle scrisse a Leonardo Del Vecchio, Massimo Moratti e Chicco Testa; Testa scrisse a Enrica Bonaccorti e Marina Salamon. E così, lettera dopo lettera, furono coinvolti in un’assurda quanto inutile gara di bontà – o buonismo, fate voi – Walter Veltroni, Piero Fassino, Sergio Cofferati, Cesare Romiti e altre migliaia di scrivani.
Il testo dell’appello uscito sul Giornale diceva: «Stiamo cercando persone che possano donare il sangue a bambino che deve fare 4 trasfusioni al giorno (= 4 donazioni). Il problema maggiore, che stanno affrontando i suoi medici, è che questo bimbo ha il gruppo sanguigno più raro di tutti: gruppo 0 Rh negativo, ossia può avere il sangue solo dal suo stesso gruppo. Si può chiamare direttamente il “Bambin Gesù” (06.68591) e chiedere del dottor Carlo (specificare “del centro trasfusionale” perché ce ne sono due)». Firmato: «Maria Grazia Bombonato, Segreteria di direzione dipartimento di medicina, chirurgia e odontoiatria, Università degli studi di Milano, Azienda ospedaliera San Paolo, via A. di Rudinì 8, telefono 02.50323002». Per la verità il messaggio originale (si fa per dire), giunto anche a me mesi fa, specificava «chiedere del dottor Di Carlo». Strada facendo, però, la preposizione era caduta: ma sì, solo un angelico «dottor Carlo» poteva occuparsi di un bambino in fin di vita.
Non esiste utente di posta elettronica, credo, che non si sia sentito in obbligo di centuplicare a colpi di mouse il toccante messaggio, inviandolo a tutti i destinatari della propria rubrica. Eppure già quest’azione ripetitiva non avrebbe dovuto instillare il dubbio che si trattasse d’una catena di Sant’Antonio telematica? E poi perché un medico dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma affiderebbe a una segretaria dell’ospedale San Paolo di Milano il compito di lanciare appelli per reperire donatori di sangue?
Ho telefonato alla mittente Maria Grazia Bombonato, presso il dipartimento di medicina, chirurgia e odontoiatria. «Porca sozza!», ha esclamato. «Da mesi questa lettera circola sul Web e sui giornali. Io ho solo commesso l’errore di crederci e di spedirla in copia a vari destinatari di posta elettronica, dimenticando di cancellare il mio indirizzo che compare automaticamente in calce alle e-mail. Così ora sono sommersa di telefonate. Non lavoro più, non vivo più! Mi aiuti, la prego».
Ho interpellato anche Marco Magheri, responsabile dell’ufficio stampa dell’ospedale romano, per sapere come stavano le cose. Ha risposto: «L’appello, ripreso da quotidiani ed emittenti radiofoniche senza i necessari riscontri di veridicità, sta impegnando seriamente il centralino del Bambino Gesù e il suo servizio immunotrasfusionale, rischiando di sottrarre tempo ed energie preziose alle attività ospedaliere».
I necessari riscontri di veridicità. In altri tempi era il mestiere dei giornalisti.


AUTOREVOLEZZA. Secondo il Corriere della Sera, il leader comunista Oliviero Diliberto è «fedele a una solida autostima di se stesso». Come si manifesterà l’autostima per gli altri?
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it

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