Il Surrealismo italiano è un sogno che si realizza

Da De Chirico a Pesce, un percorso fuori dalle regole del mercato, alla scoperta dell'ignoto

Il Surrealismo italiano è un sogno che si realizza

Nella suggestione dell'incontro con Gustavo Foppiani, or sono quarant'anni, nel suo studio fra le nuvole a Piacenza, nacque la mostra Surrealismo padano che stabiliva un primato del sogno in quella vasta area che era stata, con altri principi, aperta da Roberto Longhi nel suo percorso da Macrino d'Alba e l'Officina ferrarese a Caravaggio. Su quella strada si era poi avviato Francesco Arcangeli con i suoi memorabili «tramandi» da Wiligelmo a Morandi e i suoi ultimi naturalisti, sempre lombardi o emiliani, Morlotti, Mandelli, Moreni. Né l'uno né l'altro critico avevano, in realtà, preso la strada del sogno. Ma troppi indizi mi suggerivano, fatto centro a Piacenza, di muovermi in quella impercorsa direzione.

E, intanto, sempre Ferrara: non per il Rinascimento, questa volta, ma per De Chirico nella città delle cento meraviglie e delle muse inquietanti. E fu abilmente André Breton a riconoscere nel De Chirico ferrarese il fondatore del Surrealismo, in un percorso che io estesi da lì alla Rimini di Federico Fellini, attraverso tappe inequivocabili e tutte padane, da Alberto Martini, opitergino, a Gianfilippo Usellini, a Fabrizio Clerici, milanese, a Dino Buzzati, ad Antonio Ligabue a Colombotto Rosso, a Riccardo Parmeggiani, ad Adelchi Riccardo Mantovani. Fino alle visite notturne a Lanfranco nell'isola di Quingentole, nel cuore della valle padana, fra i suoi sogni.

De Chirico, d'altra parte, aveva incardinato la sua Metafisica sull'asse Torino-Ferrara.

E non per caso un ruolo particolare, in questo percorso padano, prevedendone una mostra monografica in dialogo con la Galleria d'Arte Moderna di Torino, è riservato a Italo Cremona, pittore e scrittore di impareggiabile ironia. Dopo Savinio, Cremona appare il più autentico e consapevole surrealista italiano, e lo si misura su incredibili dipinti come L'uccisione del maiale, del 1947, Carillion, del 1950, Camera a Mera, del 1951, Ascolto il tuo cuore, città (omaggio a Savinio), del 1954.

Anche Raffaele Carrieri osserva gli effetti del vento di follia padano su una delle personalità più notevoli del surrealismo italiano: «L'automatismo della Fini ha buone radici classiche: i pittori di Schifanoia, Piero di Cosimo, Luini, l'Ercole de' Roberti dei notturni.Quante volte riappare nelle composizioni della Fini il principe straccione del segno dell'Ariete di palazzo Schifanoia? Cosmè Tura e Francesco del Cossa sono gli iniziatori di Leonor ai misteri settentrionali. La valle padana è un incrocio di culture: fiamminghi e tedeschi vi transitano arricchendo il Rinascimento».

Per questo ho affidato a Denis Isaia il compito di completare, nella mostra Surrealismi al Mart di Rovereto, la ricerca, verificando altri confini e altri sogni, in una vertigine di ricerche e invenzioni dimenticate, ignorate e sommerse. Un mondo sepolto, di meraviglie senza fine. Nella estensione di viaggi onirici ha trovato altri esploratori di terre abbandonate. E fra loro, con la vigile scorta di Eros Renzetti, nell'ampia impresa di restituire nuova luce ai rapporti di Fabrizio Clerici con Leonor Fini, nella mostra Insomnia.

Giulia Tulino, che ha indagato su un altro luogo da cui sono partiti nuovi sogni: La Galleria L'Obelisco, dove arrivarono, con la vigilanza di Andrè Breton, i grandi surrealisti, Dalí, Magritte, Tanguy, ignorati alla Galleria nazionale d'arte moderna, imperiosamente guidata da Palma Bucarelli. Il suo saggio Per una ricognizione storico critica sull'arte fantastica, la post metafisica, e il Surrealismo in Italia si apre con una domanda: «Esiste il Surrealismo italiano?». E risponde con il presidio di due riflessioni del 1940, il saggio Fantasia degli italiani di Raffaele Carrieri, e la rivista Prospettive, diretta da Curzio Malaparte, con contributi su Il Surrealismo e l'Italia di Giancarlo Vigorelli, Carlo Bo, Luciano Anceschi, Sergio Solmi, Alberto Moravia, Giansiro Ferrata, Mario Luzi, Piero Bigongiari, Alberto Savinio. Quanto di meglio si potesse ospitare sull'argomento.

Di Raffaele Carrieri osserva che fu senz'altro «il critico che si occupò di questi artisti spesso estromessi dalla storia dell'arte ufficiale proprio perché vicini al Surrealismo o alla Metafisica; in lui permarrà sempre, sia nel lavoro di critico sia in quello di poeta, una vena fantastica e visionaria In Fantasia degli Italiani, Carrieri ricostruiva una suggestiva linea italiana della storia dell'Arte, una linea che, partendo da Giotto e Paolo Uccello nell'antico, cercava la dimensione più onirica, aperta all'immaginario, all'inverosimile, all'irreale e si proiettava nel futuro nelle opere di De Chirico o Savinio, ponendole come esempio di un'arte svincolata da problemi morali e politici».

È questa certamente una parte centrale della contro-Storia dell'arte del Novecento, rimossa e occultata dalla dittatura del mercato. È una vicenda ricca di sorprese fra artisti memorabili e dimenticati, dei quali sopravvive soltanto Alberto Burri.

Ora a Rovereto questa storia è, pazientemente, ricostruita contando i dispersi e i disperati. Non si vuol credere quanti sogni si siano dissolti. Eppure qualcuno li ha tenuti vivi. È stata una intuizione, partiti dall'irriso(dagli stessi surrealisti) De Chirico, arrivare a Gaetano Pesce, che si portava dentro tutti i sogni del Novecento, e accorgersi che i suoi troni erano il prolungamento dei mobili nella valle di De Chirico. E risalire alle apparizioni di fantasmi e regine della notte nei deliri di Colombotto Rosso, sparito dai radar da decenni, mentre ci era passato davanti, per poi dissolversi, Romano Parmeggiano, fratello virtuoso del più fortunato Tancredi, senza lasciare traccia. Uno spazio tanto lungo quanto vario occupa, ignorato da decenni, Carlo Guarienti, tra i più colti e intelligenti pittori italiani. Le sue fantasie non temono il confronto con Max Ernst. Un mondo di sogni sepolti, come quelli di Enrico d'Assia, ostinatamente rigenerati da Fabrizio Clerici. E da qui si apre l'unico percorso tracciato verso Leonor Fini e Stanislao Lepri. Si riaffacciano Gaetano Pompa, arcaico e sublime, Gustavo Foppiani e Armodio, Lorenzo Alessandri con i pittori del gruppo Surfanta, Raffaele Pontecorvo, Silvano Gilardi detto Abacuc, Lamberto Camerini, Giovanni Macciotta, Mario Molinari. E Lanfranco, e Tono Zancanaro, e Adelchi Riccardo Mantovani.

Ma la curiosità di Isaia ha riaperto altri sentieri interrotti, ritrovando Corrado Costa, Sergio Vacchi,

Valerio Miroglio, Ugo Sterpini, Enrico Donati. Per ognuno è una rinascita, ma entro un quadro definito che mai prima d'oggi era stato delimitato come Surrealismo italiano, in un percorso finalmente definito e rivelatore.

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