Svastiche e autonomi, torna l’onda silenziosa della violenza politica

(...) Sto esagerando? Si tratta solo di ragazzate? Decleva è stato compagno di studi e amico di Walter Tobagi e in cuor suo sa benissimo come finiscono e dove vanno a parare certe «ragazzate».
D’altra parte nelle stesse ore qualcuno disegnava svastiche sui muri dell'ospedale milanese San Giuseppe recentemente acquistato da un importante imprenditore nel campo della sanità che si chiama Daniele Schwarz ed è ebreo. Pare, però, che la situazione economica dell’ospedale sia difficile e richieda qualche intervento doloroso. Ecco, forse, la «spiegazione» di quelle svastiche: minacce infami al nuovo padrone.
Si tratta di due vicende apparente molto lontane l’una dall’altra, tra le quali, tuttavia, è facile trovare un nesso. Anzi, più d'uno. In primo luogo tutte e due annunciano il ritorno di comportamenti, pregiudizi e simboli che pensavamo, speravamo, fossero definitivamente scomparsi nelle latrine della storia. Nei due casi, poi, i bersagli hanno una chiara identità religiosa: cattolici molto attivi i ciellini della Cusl, orgogliosamente ebreo il nuovo proprietario dell'ospedale San Giuseppe.
Anche questo è un caso? Più probabilmente la risorgente intolleranza politica ha bisogno di obiettivi chiari ed evidenti: nulla è più evidente di una appartenenza religiosa che, per definizione, è fondata sulla testimonianza, cioè sulla manifestazione della propria fede.
Per contro sono certo che molti di quei violenti, in nome di quel multiculturalismo e di quell’ideale di società multietnica diventati dogmi del catechismo no global e politicamente corretto, si ribellerebbero indignati a ogni atteggiamento meno che condiscendente nei confronti delle rivendicazioni islamiche.
Prima degli anni di piombo tutto era cominciato, dicevamo, con qualche scritta sui muri: scritte che invitavano esplicitamente a «sparare ai padroni» o ai poliziotti o a dar fuoco alle sedi del Msi. Ben presto qualcuno passò ai fatti. Quelle scritte non erano altro che anticipazioni grafiche di una violenza che sarebbe presto diventata reale.
Sui muri delle nostre città, nelle università, nelle fabbriche erano manifestazioni di violenza grafica. E questo, niente meno questo, sono oggi le scritte contro gli studenti di Cl alla Statale e le svastiche sulla facciata del San Giuseppe e come tali, come manifestazioni di violenza andrebbero perseguite.
L’esperienza ci dice, purtroppo, che rischiamo tutti di pagare carissimo certa tolleranza e condiscendenza per presunti «eccessi giovanili». È quello che deve aver pensato il professor Decleva quando ha deciso di affrontare il manipolo di teppisti della sua università.

Non si tratta di inventare nuovi tipi di reati, ne abbiamo già troppi: l’apologia del fascismo è un reato; l'istigazione all'odio razziale e alla violenza sono reati, le minacce e la violenza privata sono anch’essi reati.
È già tutto scritto, basta vigilare e non sottovalutare.

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