Roma

Svastichella va al contrattacco: «Sono loro che mi hanno provocato»

(...) trasformata in strategia difensiva, se non in alibi in un mezzo scarica barile, in circostanza attenuante. «Quei due non si stavano solo abbracciando, ma si scambiavano effusioni piuttosto esplicite in pubblico». Fino all’estremo, alla frase detta con il petto in fuori da chi è sicuro delle proprie ragioni: «Sono stato provocato, è stata un’aggressione reciproca». Doppia colpa ai gay, dunque: osceni e maleducati, almeno a detta del probo «Svastichella». Che non ha negato le sue responsabilità, ma lo ha fatto in maniera edulcorata: vera la bottigliata in testa rifilata a Giuseppe, una delle sue due vittime, falsa anzi falsissima la storia della coltellata. Ha detto di avere usato un «coccio tagliente», lui che di lame non sa nulla di nulla.
La strategia difensiva di Sardelli ha fatto infuriare le organizzazioni omosessuali, che di beffe in questa storia proprio non vogliono più sentir parlare. «Abbiamo già dato, ora si faccia giustizia», è il concetto espresso a mezza bocca, lontano dalle dichiarazioni ufficiali. Che sono comunque taglienti: «Di quale provocazione parla? “Svastichella” tenta di passare da vittima dopo che ha ferito gravemente due persone. Gli aggrediti avrebbero risposto alle sue parole? Oppure per provocazione intende che i due uomini si stavano baciando?», si è chiesto Aurelio Mancuso, presidente nazionale di Arcigay. Mentre l’avvocato di Dino e Giuseppe, Daniele Stoppello, ha recuperato dal passato un riferimento di sicura presa: «La difesa di Alessandro Sardelli - ha sibilato - ricorda quella che usò l’assassino di Pier Paolo Pasolini al processo per l’omicidio del grande scrittore». Cioè? «L’atteggiamento è tipico dei casi di aggressioni agli omosessuali, si parla di provocazioni e di risposta alle provocazioni».
Fatto sta che il pm sembra avere le idee abbastanza chiare sul ruolo del pluripregiudicato in questa vicenda. Le indagini sono concluse e non ci sarebbero altri responsabili, quindi sarà solo lui a dover rispondere dei reati di tentato omicidio e lesioni gravi. La procura avrebbe intenzione di chiedere il giudizio immediato, saltando tutta la fase dell’udienza preliminare.
E ieri, dopo l’incendio appiccato da ignoti alla discoteca «Qube», si è lavorato anche per fare sentire gli omosessuali un po’ più sicuri all’ombra dei sette colli. Per questo è partita una collaborazione tra l’Arcigay e vari commissariati romani, ai quali sono stati comunicati i luoghi della capitale maggiormente frequentati dalla comunità, «dove saranno effettuati pattugliamenti e controlli in borghese contro il rischio di nuove aggressioni», come ha spiegato il presidente romano Fabrizio Marrazzo.

Mentre da Rimini Alemanno ha chiesto a tutte le vittime «di avere fiducia», perché «il Comune starà a loro fianco con la massima solidarietà».

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