Svolta La sentenza

È una svolta, ma solo a metà, quella dell’Argentina sull’aborto. Che da ora in poi sarà autorizzato, ma soltanto per le donne vittime di stupro. La Corte suprema argentina ha infatti autorizzato l’interruzione di gravidanza, per questa particolare situazione. «In questi casi, i medici non avranno più bisogno dell’approvazione della corte. Dovranno solo avere una dichiarazione delle vittima o del suo legale in cui si afferma che la gravidanza è l’esito di uno stupro» spiega la sentenza, adottata all’unanimità. La Corte suprema ha confermato la decisione della corte provinciale di Chubut, nel sud del Paese, che «nel marzo 2010 - scrivono i giudici - ha autorizzato l’aborto della giovane A.G., che ha 15 anni, e che era rimasta incinta dopo essere stata stuprata dal patrigno».
In Argentina l’aborto è consentito solo per le donne con problemi psichici o nei casi in cui sia a rischio la vita o la salute della donna. Il Presidente della Corte suprema Ricardo Lorenzetti ha comunque precisato che la sentenza «non apre la strada» alla legalizzazione dell’aborto, un tema su cui può pronunciarsi solo il Parlamento. Che finora non lo ha fatto, in un Paese dove il 91% della popolazione è cattolico. E l’ipotesi che il tema finisca presto in parlamento apre piuttosto improbabile, visto che il ministro della Giustizia Julio Alak ha già fatto sapere, in proposito, che il governo non ha nessuna intenzione di presentare una legge che legalizzi l’aborto, sottolineando che si tratta di «una questione che richiede un approfondito dibattito». Il problema dell’aborto però sussiste. Secondo un rapporto del 2010 di Human Rights Watch, gli aborti illegali registrati ogni anno in Argentina oscillano tra 400mila e 600mila.
In realtà, già una legge del 1921 stabiliva che non si possa impedire a una donna violata di esercitare il suo diritto ad interrompere la gravidanza. Ma è soprattutto il fatto che i medici non debbano più chiedere previamente un’autorizzazione giudiziaria a costituire la novità, visto che in passato questo punto era stato respinto da molti magistrati in diverse occasioni, specialmente in cause trattate ma all’interno del Paese.


In ogni caso, anche se non si tratta di una legalizzazione dell’aborto, la sentenza ha suscitato immediatamente il plauso di specialisti e organizzazioni non governative che si occupano della violenza di genere, che l’hanno definita «storica». Invece il presidente dell’Episcopato Josè Maria Arancedo ha ribadito che «l’aborto è l’eliminazione di una vita innocente e non esiste alcun motivo o ragione che lo giustifichi».

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