Tutto poteva immaginarsi Casini, fuorché una nemesi di questa fatta. Già, perché dopo aver passato gli ultimi sette anni ad aprire e chiudere questioni di leadership e premiership allinterno del centrodestra, ora si ritrova costretto a quel progetto di grande centro che tanto anelava negli anni passati alla guida della presidenza della Camera. Con qualche ostacolo, visto che - nonostante le aspirazioni - sul fronte centrista sono arrivate prima le truppe della Rosa bianca di Baccini, Tabacci e Pezzotta. Che ora - anche se solo per alzare il prezzo di un accordo che per necessità si dovrà fare - gli presentano con una certa soddisfazione il problema della discontinuità. Non rispetto a Berlusconi, guarda un po, ma rispetto a Casini. Perché - spiegava Tabacci qualche giorno fa in Transatlantico - «non può certo pensare di venire a fare il padroncino con noi dopo che il padrone lha cacciato di casa». Insomma, «serve un cambio di marcia».
E, sempre per alzare la posta, val bene ritirare fuori la questione leadership e premiership con cui Casini ha conquistato paginate di interviste sul Corriere e su Repubblica. Perché, dice sempre Tabacci, «noi siamo pronti ad accoglierlo ma il candidato premier resto io». Lui, però, «può fare il leader». Una nenia che il Cavaliere conosce a memoria.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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