Tabarelli (Nomisma): «Petrolio a 130 dollari? Non è un dramma»

«L’economia continua a crescere, l’inflazione è bassa e le imprese macinano profitti»

da Milano

L’11 novembre scorso, quando il prezzo del petrolio era ancora sui 90 dollari al barile, in un’intervista al Giornale Davide Tabarelli, esperto di Nomisma Energia, affermava che il greggio sarebbe potuto salire fino a 130 dollari. Nello stesso giorno l’ad di Eni, Paolo Scaroni, sosteneva invece su un altro quotidiano che le previsioni erano per 70 dollari al barile. E ieri il greggio ha raggiunto la nuova quota record di 133,70 dollari, dando purtroppo ragione a Tabarelli.
«Ma no, non mi stupisco - replica Tabarelli - le previsioni ufficiali sono sempre al ribasso: il caso più probabile è che il prezzo scenda, ma potrebbe anche salire a 180-200 dollari. E sarebbe nuovamente una previsione ragionevole».
Ragionevole quota 200 dollari al barile?
«Il paradosso è che non siamo mai stati così bene: l’economia mondiale cresce, c’è una bassa inflazione (intorno al 3%), le imprese hanno profitti splendidi e i consumi di energia non rallentano. Il prezzo del petrolio sembra semplicemente una valvola di sfogo dell’economia mondiale: c’è una enorme liquidità che si scarica qui. In fondo il costo dell'energia è un male minore: di questo passo possiamo arrivare a qualsiasi prezzo».
A un certo punto ci saranno contraccolpi...
«Parlavamo di contraccolpi quando era a 40 dollari al barile: oggi dobbiamo ancora raggiungere il livello oltre il quale l’economia mondiale arretra. A quel punto avremo un calo della domanda che ci porterà a un equilibrio. I commercianti di grano dicono che il prezzo del frumento non è mai alto finché la richiesta non cala: è inutile parlare di speculazione. Goldman Sachs sostiene che il greggio arriverà a 150 dollari entro la fine dell’anno: è la banca d’affari più importante del mondo, quella che ci ha preso di più negli ultimi anni, che ha il più importante indice di investimento nelle commodity petrolifere. E l’aumento è favorito anche dalle previsioni che si autoavverano».
Dove potrebbe essere il limite?
«L’economia va avanti lo stesso: l’energia ci dà un ritorno troppo grande rispetto al prezzo che paghiamo. La benzina, il kilowattora, il gas ci danno ancora un’utilità molto alta. Solo nel caso della benzina c’è un calo della domanda in Europa e Usa, ma non in Asia dove la differenza tra alto prezzo internazionale e basso prezzo al consumo viene colmata dallo Stato. Hanno stipendi da fame, ma si possono permettere di consumare più benzina: noi gliela finanziamo comprando le loro esportazioni. Indirettamente paghiamo la benzina a basso prezzo per cinesi e asiatici».
L’Opec sostiene che la svalutazione del dollaro spinge il costo del greggio...
«Il rapporto dollaro-petrolio ha senso sotto un profilo finanziario se una moneta si svaluta, ce ne vuole di più per comprare lo stesso bene. Ma è una forzatura perché i produttori petroliferi hanno così tanti soldi che non sanno dove metterli. Sono ragionamenti che avevano senso a 30-35 dollari, oggi sono forzature, anche se hanno una loro ragione».


Con queste previsioni di aumento, se ci azzecca un’altra volta, non teme di farsi la fama di una Cassandra?
«Ma no, non rischio affatto. Secondo me il quadro non è così negativo: l’economia continua ad andare, l’utilità dell’energia è ancora molto alta. Aspettiamo a piangerci addosso».

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