Tagli in Comune Se c’è demagogia è a fin di bene

Se c'è un'intenzione demagogica nell'annuncio del sindaco Moratti di voler ridurre la sua indennità e quelle degli assessori (che non hanno gradito) è - diciamo così - a fin di bene: l'obbiettivo reale è la responsabilizzazione dei dirigenti su determinati obbiettivi, pena analoghi tagli delle loro retribuzioni. «Cominci a ridursi la sua» si sarebbe gridato senza questa abile autodecurtazione preventiva. Personalmente, invece, sono convinto che il sindaco e gli assessori di palazzo Marino, come di altre amministrazioni equivalenti, guadagnino poco. Il Comune di Milano equivale, con i suoi 25mila dipendenti e il suo bilancio, a una grande impresa; difatti è la più grande della città. Per fare bene il suo dovere un assessore milanese deve impegnarsi per 10-12 ore al giorno perciò, se vogliamo che sia adeguato alle sue responsabilità e non sia una scartina di altri mestieri, deve essere pagato di conseguenza. Dunque non è questo delle indennità il punto: la Moratti vuole che i suoi dirigenti (questi sì ben pagati e, secondo una certa critica, anche eccessivamente proliferati) proprio perché remunerati come manager di una grande impresa, al pari di costoro rispondano dei risultati. Ma qui la faccenda si complica, giacché in realtà essi non hanno gli stessi poteri e strumenti e autonomia dei colleghi privati. Contro buona volontà e impegno profusi per raggiungere gli obiettivi assegnati ai dirigenti comunali si ergono infatti ostacoli riservati alla pubblica amministrazione: ricorsi al Tar, proteste dei vari comitati «spontanei», campagne di stampa, ostruzionismi dell'opposizione, strapotere sindacale, illicenziabilità del dipendente.

Detto questo, e pure tenendone conto, ben venga comunque una forma di incentivazione del dirigente comunale. Se poi ci sono quegli altri ostacoli di sistema da rimuovere, lo si faccia. Col tempo che serve, ma lo si faccia.

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