Parigi - «Niente mi farà indietreggiare. Non mi tirerò mai indietro». Eccola Ségolène Royal, la voce forte e decisa, sale sul palco, un discorso studiato e ripetuto decine di volte per il grande ritorno, parole che suonano come una promessa, come un avvertimento. Madame è cambiata. La sua politica è cambiata. Non seduce più con gli abitini romantici, le ballerine, la grazia, la femminilità senza strappi. Scotta troppo la sconfitta contro Sarkozy. La nuova Ségolène è dura. È un urlo metallaro contro i suoi avversari. È la cattiva ragazza che prende a pugni il maschio. È jeans, rabbia, calore. Ségolène vuole riconquistare il partito e puntare, tra quattro anni, ancora una volta l'Eliseo. È più socialista, più operaia, meno borghesia e più banlieue.
Al teatro Zenith di Parigi sabato sera c’erano quasi 4mila persone ad ascoltarla, a incoraggiarla. È tornata in pista più forte di prima, e oggi cerca consensi, pronta a battersi per la presidenza del partito socialista. Ci sono le magliette stampate con lo slogan della serata: «La fraternità allo Zenith con Ségolène Royal», le bandiere tricolore, e le parole di rassicurazione e conforto sono tutte per loro, i sostenitori. Per i nemici, invece, quelli dentro al partito e quelli seduti all’Eliseo, riserva tutta la grinta e tutta la rabbia di una donna che è caduta ma non è stata distrutta, che ha perso ma non è stata vinta, e il suo discorso è un taglio netto con il passato. Oltre 45 minuti di one-woman show, Ségolène vola, sul palco funziona. La candidata alle presidenziali da 17 milioni di voti riparte da qui, dalla Festa della fraternità per soffiare il posto di segretario ai suoi rivali, una battaglia che si preannuncia già durissima. E questa volta Sego dovrà farcela da sola. Dal 2007 tutto è cambiato. La sconfitta politica prima e la rottura con Francois Hollande, il compagno di una vita, i loro quattro figli, il sogno socialista insieme. Oggi è tutto sfumato e Ségolène ricomincia dall’unico punto fermo della sua vita: se stessa.
Entro il 14 novembre, primo giorno del congresso di Reims dovrà aver battuto gli altri candidati, il sindaco di Lille, Martine Aubry, l'esponente della sinistra del partito Benoît Hamon e - più temibile e popolare tra tutti- il sindaco di Parigi Bertrand Delanoë. Loro intanto stringono alleanze. Delanoë con Hollande, che stavolta non corre più al fianco della moglie, ma contro. Ma la Royale è forte, e lo vuole dimostrare, si riprende la scena e avverte: «Non rinuncio alle mie ambizioni, non mi metteranno in ginocchio», grida dal palco. All’inizio della sua carriera l'avevano soprannominata «La Zapatera», stessa visione politica, stesso stile, oggi invece si è trasformata in una Hillary Clinton ruggente. Ha cambiato look, quel visino dolce ha lasciato il posto ad un aspetto più aggressivo, capelli ondulati, tunica blu e jeans, le mani lungo i fianchi senza bisogno di appoggiarsi a niente. Tra lei e il pubblico non c’è niente. Non un leggio, non un appunto, solo un microfono appuntato alla tunica. Cita personaggi come Nelson Mandela o Woody Allen, parla dei tempi duri, i tagli dei posti di lavoro (sono oltre 6mila i licenziamenti alla Renault), denuncia le cose che non le piacciono di questo governo. Durante il discorso Sarkozy non verrà mai nominato, forse quel nome brucia ancora troppo, ma senza mezzi termini dice: «I cani da guardia all’Eliseo stiano attenti. Io sono quella di oggi e di domani, se credevano di avermi ferito si sbagliano di grosso, i gentili colpi bassi e i dolci attacchi personali, mi hanno solo reso più dura». Il messaggio è chiarissimo: la Francia non ha bisogno di una première dame, ma di una tigre, di una presidentessa.
Poi, prima di lasciare spazio alle esibizione di artisti, musicisti, prende in prestito le parole di Cyrano de Bergerac: «Non voglio abbandonare la scena per smettere di essere un bersaglio». Fa per togliersi il cappello, mima la scena e saluta. La Francia, dicono i suoi ammiratori, ha fatto pace con Ségolène.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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