Enzo Siciliano è stato uno scrittore devoto agli scrittori, nella rara condizione di non sentirsi in competizione, di non considerarsi il solo; ma capace, invece, di ammirare e riconoscere i riferimenti dei maestri, fino a consacrarsi a loro.
Penso a Pasolini, a Moravia, a Sandro Penna, a Natalia Ginzburg, a Giacomo Debenedetti, così da mantenere viva la memoria di quei suoi amici e coetanei, attraverso i quali sentirsi egli stesso più vivo e non cercando di prevalere o di affermarsi grazie a loro. Quindi, un critico gentile e uno scrittore che rientra nel filone della narrativa di tradizione, a fianco di Bassani, di Cassola e di Tomasi di Lampedusa.
Ma è importante anche, e per alcuni versi soprattutto, la testimonianza di Siciliano per le arti figurative: meglio, e più, di molti critici d'arte, egli ha riconosciuto il valore di pittori generalmente osservati con indifferenza e con sufficienza.
Penso in particolare a Balthus, Guttuso, Fabrizio Clerici, Titina Maselli, Carlo Guarienti, Piero Guccione e a tutta la scuola di Scicli, Sonia Alvarez, Franco Sarnari, Franco Polizzi, Carmelo Candiano, Salvatore Paolino; e a Lorenzo Tornabuoni, a Riccardo Tommaso Ferroni, a Gianfranco Ferroni (tutti artisti che furono esposti alla galleria «Il Gabbiano» di Roma), con una continua, assidua attenzione che, sistematicamente ricostruita e riordinata, potrà colmare le lacune di anni di indifferenza e di distrazione, nei quali Enzo Siciliano è stato sempre vigile testimone.
La sua presenza nella critica d'arte degli ultimi quarant'anni, ha un significato perfino più notevole della sua attività di critico militante nel campo della narrativa italiana. A pochi altri critici-scrittori suoi coetanei (penso a Libero de Libero, Roberto Tassi, Giorgio Soavi, Attilio Bertolucci) è toccato di svolgere un ruolo altrettanto importante di supplenza rispetto alla clamorosa e scandalosa inadempienza della critica d'arte professionale e asservita al mercato.
Siciliano seguiva la sua sensibilità, identificando un gusto che meritava, e merita, di avere pieno riconoscimento e legittimità.
La sua azione critica, ancor più difficile nell'arte che nella letteratura, si può configurare come una vera e propria Resistenza, una volontà di affermare valori certi e fondanti, inevitabilmente umanistici, i cui capisaldi erano la pittura, la vera pittura, e il romanzo, come storia di esistenze.
Pur nella sua gentilezza, Enzo Siciliano è stato fermo, non ha mai vacillato, fino a indirizzare alla consacrazione della pittura anche l'opera del figlio Bernardo.
Non sarebbe completa la ricognizione dei frutti del suo magistero, sommesso, non dogmatico, in sintonia con il metodo rapsodico di Niccolò Gallo e di Cesare Garboli, se non si ricordasse, per un'altra futura silloge, di interpretazioni emozionate, la costante attitudine all'ascolto di musica lirica e sinfonica, testimoniata in settimanali recensioni di concerti, spettacoli e dischi.
Letteratura, musica e pittura furono fonti di emozioni inevitabili.
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