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Tangenti, giallo sul verbale che inguaia Veltroni

Ecco il parere negativo del Comune sull’appalto a Romeo quando il leader Pd guidava la Capitale. La Commissione di garanzia segnalò irregolarità, ma la relazione fu prima negata e poi nascosta. Nelle intercettazioni Romeo: "Ventimila case a Roma, il sindaco ci tiene"

Tangenti, giallo sul verbale che inguaia Veltroni

Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica

Il giallo del documento «fantasma». Sul maxi-appalto per la manutenzione delle strade capitoline all’imprenditore Romeo c’è un documento del Comune di Roma (in epoca Veltroni) che inchioda il Comune di Roma (guidato da Veltroni). Un documento dirompente, intorno al quale ruota un vero e proprio «giallo», perché ufficialmente non esiste. Un parere che ricalca alla lettera le conclusioni negative sulla gara da parte dell’Authority di vigilanza sugli appalti pubblici e del Tar. Sei pagine sull’irregolarità palese dell’appalto vinto da Romeo a monte di una lunga serie di condotte non a norma - come il «conflitto di interessi» da parte di un alleato di Romeo per la sua partecipazione nella Spa capitolina «Risorse per Roma» - che per legge sarebbero state causa di immediato annullamento della gara. Com’è ormai noto, l’annullamento non vi fu per la discussa sentenza del Consiglio di Stato divenuta oggetto di indagini dopo la telefonata tra Romeo e Renzo Lusetti del Pd sulle «pressioni» nei confronti dei giudici d’appello per ribaltare il verdetto del Tar.

Il documento è la «Relazione della Commissione di garanzia e trasparenza» del Comune di Roma. Una sorta di «parere» sulla regolarità della corsa. È l’atto originale, di approfondimento sui rilievi mossi da Manital, il consorzio ricorrente contro Romeo. Un documento che di fatto, però, non esiste, se non nelle diatribe fra le parti. Il cui contenuto - non appena trapelarono le primissime indiscrezioni - finì prima negato e poi nascosto. Ne fa cenno nel ricorso d’appello proprio il Gruppo Romeo che nota come di quel documento «vi fu una clamorosa sconfessione nel verbale del 27 marzo 2007 dalla Commissione stessa a seguito di relazione e audizione dei rappresentanti del Comune».

Nell’attesa che gli inquirenti facciano chiarezza anche su questo passaggio, entriamo nel merito delle conclusioni: «Questa Commissione ritiene che, nell’appalto di che trattasi, si ravvisi un’ipotesi di conflitto di interessi (per legge, anche solo l’ipotesi è motivo di annullamento, ndr). Tenuto conto, altresì, che lo statuto di “Risorse Per Roma” conferisce agli amministratori i più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della società e, più segnatamente, gli sono riconosciute e conferite tutte le facoltà per l’attuazione e il raggiungimento degli scopi sociali». In parole povere la commissione stigmatizzava il conflitto di interessi di Luigi Bardelli, «socio» di Romeo, il quale nel periodo di nascita della gara era stato nel Cda della società «Risorse per Roma», di cui il Campidoglio è proprietario per il 95 per cento, incaricata di curare proprio la progettazione del maxi appalto.

«Una più attenta analisi da parte degli uffici competenti delle censure proposte dalla società Manital - continuava la relazione - avrebbe suggerito di procedere a un eventuale annullamento della gara, in virtù del principio di autotutela o, quantomeno, di attendere il parere dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici (che poi boccerà la gara, ndr) piuttosto che procedere all’aggiudicazione definitiva» come invece fece la giunta Veltroni. Per questi motivi, la commissione chiedeva all’assessore «di sospendere la procedura in attesa del Tar» per evitare ulteriori «effetti negativi scaturenti dall’eventuale annullamento dell’aggiudicazione circa la validità del contratto già stipulato». Questo diceva il documento-fantasma, che a giorni potrebbe tornare d’attualità con l’arrivo del faldone napoletano alla procura di Roma.

Il documento-riapparso fa il paio con i rilievi mossi all’appalto nei rendiconti trimestrali dell’organismo incaricato dallo stesso Campidoglio di monitorare i lavori. Quando ancora Veltroni è sindaco l’organismo considera «il livello raggiunto (...) non ancora rispondente alle legittime aspettative dell’amministrazione». Giudizio ribadito anche per il secondo rendiconto (che bocciava la Centrale di governo gestita da Romeo) e per il terzo, che arriva insieme al cambio al timone in Campidoglio: e a novembre, come noto, la decisione di Alemanno.

Revocare l’appalto.

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