Daniela Uva
«Se rinunciassimo a ritirare i buoni pasto, addio clienti!» Il pensiero di Claudia Capozzi, responsabile della pizzeria Castello di via Dante, riassume la posizione della maggior parte degli esercenti di Milano. Sullo sciopero contro i ticket indetto dallEpam per la prossima settimana, non tutti sono daccordo. Troppo grande la paura di favorire la concorrenza. Già ieri, mentre la protesta partiva da Torino, nel capoluogo lombardo a regnare era lo scetticismo. «Gli altri cosa faranno? - si chiedeva Marco Balato dellArt Café di via Brera -. A certe iniziative o si aderisce tutti o nessuno. Fino a quando non avrò comunicazioni ufficiali, continuerò ad accettare i ticket».
La paura di rimanere un caso isolato non riguardava soltanto i piccoli esercenti, ma anche le grandi catene della ristorazione. «Noi li prendiamo, ci mancherebbe», confermavano senza esitare i responsabili di Burger King. E questo nonostante il diffuso malcontento per le commissioni troppo elevate. «Non se ne può più. Ormai il tasso ha raggiunto il 12 per cento. Scrivetelo pure che qui i commercianti sono esasperati», protestava il proprietario di un caffè in zona Cairoli. «Non è un problema che si risolve con uno sciopero - diceva Fabrizio Ferretti, titolare del caffè Dante -, è un meccanismo che andrebbe modificato alla radice. Dovrebbero essere le aziende a non aderire a questi contratti».
A contribuire al disorientamento è stata anche la mancanza di informazioni: fino al tardo pomeriggio, molti esercenti non sapevano ancora dello sciopero. «Lho saputo solamente alle 19 - ammette il responsabile del bar Mercanti -, non so cosa farò. Tutto dipenderà dalla decisione che prenderanno gli altri». Le eccezioni non mancano: «Ho detto no già da oggi, ma i clienti non si sono tirati indietro - rivela Claudio Castellani, titolare del caffè Sforzesco in via Dante -. Tutti hanno pagato in contanti». Una risposta negativa era arrivata anche da Mc Donalds: «Pasti buoni sì, buoni pasto no», qui è stato un cartello ad avvisare i clienti. I 340 ristoranti italiani della catena rifiutavano i ticket già da ieri, come preannunciato dallamministratore delegato Mario Resca.
Dallaltra parte della barricata, i clienti non si preoccupano: se il ristorante non accetta i buoni pasto, ci sono sempre supermercati e salumerie pronti a farlo. Il fenomeno è cresciuto a tal punto che oggi i ticket sono diventati un vero e proprio benefit concesso dalle aziende ai propri dipendenti: uno strumento per acquistare qualsiasi cosa in qualunque posto. «Ci manca poco che si vadano a comprare anche le scarpe», ironizza un commerciante.
«Per me non sarà un problema - ammette Paolo, impiegato di banca -, se non li uso in questi giorni li sfrutterò in futuro per fare la spesa». «Non capisco perché tanto clamore - dice Sara, account in una società di pubbliche relazioni -. I buoni pasto non li regala nessuno, alla fine lazienda ce li detrae dalla busta paga».
Per molti serve un intervento dello Stato che metta fine al braccio di ferro fra ristoratori e società emettitrici. Un intervento che, adesso, sarà inevitabile: lEpam laveva detto, o si cambia politica sulle commissioni e sui rimborsi da parte delle aziende, o stop ai benefici. «Con la scontistica applicata - spiega Alfredo Zini, presidente dei circa 800 ristoratori Epam - viene penalizzato soprattutto il lavoratore a cui viene dato un buono pasto di 10 euro che non corrisponde al valore di 10 euro. Per questo avevo chiesto la collaborazione dei sindacati, per fare una battaglia unica. Non è giusto che chi compra i buoni pasto speculi sul valore effettivo del pasto del dipendente».
«Ora questo sciopero - continua Zini - è controproducente, perché si crea un disservizio ai lavoratori che non hanno colpe». Insomma, da lunedì mano al portafoglio ma non per esibire i ticket. E se le cose non si sistemeranno in fretta, cè sempre il panino da casa.
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