Taribo West, dribbling tra i giudici

CALCIATORE L’ex terzino interista, accusato per un passaporto falso, non si è presentato

Ore 13, processo a Taribo West. Sulla porta dell’aula di tribunale, il nome dell’imputato desta l’attenzione di pochi. Eppure l’uomo che ieri era atteso per deporre davanti al giudice una traccia a Milano - nella storia tempestosa dell’Inter - l’ha lasciata. Unico calciatore a spiegare che disobbediva ai comandi del coach (il grande Gigi Simoni) perché «me l’ha ordinato Dio». Unico a investire i guadagni nella creazione di una sua setta religiosa. Unico, tra i tanti africani sbarcati nel grande calcio, a tornare in Africa.
E in Africa, nella sua Nigeria, Taribo West c’è rimasto anche ieri, invece di presentarsi in aula. Al suo posto, è arrivato un certificato. Taribo è bloccato in Nigeria. Ma verrà alla prossima udienza, perché vuole spiegare di essere innocente. Lo accusano di ricettazione. In un pacco proveniente dalla Nigeria e indirizzato a Milano, aperto dalla Guardia di finanza, era saltato fuori un passaporto intestato a lui. Il passaporto era fasullo, venne sequestrato e Taribo venne incriminato.


Da allora, la carriera di West - che oggi ha 34 anni - si è sfilacciata e spenta: gli ultimi due improbabili ingaggi, con il Paykal in Iran e lo Xerez in Spagna - non hanno visto il coriaceo difensore scendere nemmeno in campo. Ma in aula a difendersi, alla prossima udienza, giura che verrà: perché lui, giura, di quel passaporto non sa assolutamente niente.

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