da Glasgow
Far di necessità virtù. È questa la ricetta segreta (ma non troppo) che si nasconde dietro i più recenti successi del calcio scozzese. Un movimento che negli ultimi cinque anni era precipitato sul fondo, da dove però ha saputo riemergere. Capace, la Tartan Army, di passare dall'umiliante pareggio in casa delle Isole Far Oer, o dalla sconfitta in Lituania (qualificazioni a Euro 2004), al doppio storico successo contro la Francia, superata ad Hampden Park e al Parco dei Principi. Ma i sorprendenti risultati della nazionale di Alex McLeish - prima in un girone di ferro che comprende anche Italia e Ucraina - sono solo il fiore all'occhiello delle rinnovate, e legittime, ambizioni dello Scottish football. Perché, sempre per restare in ambito internazionale, la scorsa settimana Celtic e Rangers, i due club di Glasgow, si sono sbarazzati rispettivamente della squadra campione d'Europa (Milan) e dei sei volte campioni di Francia (Lione). Senza trascurare le piccole grandi imprese di Aberdeen (secondo club scozzese di sempre ad approdare alla fase a gironi della coppa Uefa) e Hibernian, clamorosamente secondo in campionato ad un soffio dal Celtic.
Dalla monotona desolazione degli eterni sconfitti, all'esaltazione collettiva: le cornamuse hanno ripreso a suonare, come nei primi anni '80 quando la nazionale scozzese si qualificava regolarmente ai principali tornei internazionali. Una drastica e repentina sterzata, dalla sconfitta al successo, che trova origine nel fallimento di un contratto tv (quello con Sky) che non solo ha ridimensionato drasticamente i budget dei club, ma costretto i dirigenti a riprogrammare il calcio, a partire da ingaggi, stipendi, campagne acquisti. Così, se solo nel 2002, il Kirmarnock dissipava per il centravanti francese Christophe Cocard oltre 500mila euro all'anno, oggi con gli stessi soldi il club paga gli stipendi di dieci undicesimi della squadra titolare. Di necessità virtù: come la saggia strategia adottata dAlla federcalcio scozzese quando si è accorta che le casse erano vuote. Una semplice norma è bastata per rianimare gli asfittici settori giovanili: in distinta, per ogni gara di campionato, oggi devono esserci almeno tre Under 21. Così nell'ultimo turno di Champions League le due squadre dell'Old Firm contavano 13 giocatori scozzesi tra le loro file, più dei calciatori inglesi (11) che totalizzavano - messi assieme - Arsenal, Chelsea, Liverpool e Manchester United. E lo scorso anno l'Under 20 scozzese ha raggiunto la finale europea.
Ora però si profila l'avversario più temibile. L'eccesso di entusiasmo porta con sé fatalmente un carico di pressioni.
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