La riforma dei tributi che gravano sugli immobili va bene, ma non basta. La cosiddetta cedolare secca sugli affitti «non esaurisce il problema casa in Italia». É questa lanalisi di Assoedilizia, lassociazione che riunisce i proprietari di immobili. È il presidente Achille Colombo Clerici a spiegare cosa manca ancora alla rivoluzione introdotta con la tassazione fissa al 20%: la cedolare secca non dovrebbe essere introdotta solo per gli appartamenti, ma anche per i canoni di locazione di negozi, uffici e botteghe, e per gli usi diversi dallabitativo.
La logica della cedolare secca, fa notare Colombo Clerici, «è duplice: alleggerire la pressione fiscale sulle persone fisiche che locano abitazioni per favorire lemersione del sommerso, e mobilitare i comuni nella lotta allevasione fiscale nel settore. Ma - prosegue - rimane scoperto il grande problema del rilancio dellinvestimento nella locazione immobiliare. La cedolare secca infatti, come imposta sostitutiva dellIrpef, riguarda solo i redditi delle persone fisiche e non anche quelli delle società. Inoltre non si applica se non alle locazioni abitative; escluse cioè le locazioni di negozi, uffici, botteghe artigiane, magazzini, laboratori, garage. Ha una portata limitata e non può essere che il primo passo di una manovra di revisione complessiva della fiscalità immobiliare che porti a un alleggerimento della pressione tributaria sugli immobili in locazione».
«È dunque opportuno - per i proprietari di immobili - che il governo ponga mente a una razionalizzazione della tassazione delle società equiparandole ai fondi di investimento immobiliare e alle Sgr. La cedolare secca sostitutiva dellIrpef - conclude il presidente di Assoedilizia - va inoltre estesa ai redditi derivanti dalle locazioni a uso diverso dallabitativo, anche per favorire un calmieramento degli affitti del settore».
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