A tavola la tradizione ha un gusto globale Altro che «molecolare»

Caro Granzotto, un complimento e un appunto. Prima le brutte notizie: elencando il menu «di tradizione» pasquale lei ha scelto quello emiliano, bolognese in particolare (e anche il natalizio visto che accenna ai turtlèn, ai tortellini, che ovviamente vanno consumati in brodo, meglio se di cappone). Per tornare a quello pasquale, giusto: un quarto di capretto, la grassa gallina, che come ha voluto precisare è il nome che noi diamo al songino e... non l’ulivo benedetto, come lei ha scritto, ma l’uovo benedetto. Uovo sodo da aggiungere, poi, al condimento della grassa gallina. I complimenti glieli devo per il suo sempre manifestato amore per le tradizioni e per la cucina familiare, domestica, con i suoi alimenti e profumi ora passati di moda, finiti nel dimenticatoio a vantaggio della cucina etnica o, Dio ci guardi, molecolare. Credo che anche questo sia nello spirito del Circolo del Tavernello al quale lasci che le dica che dedica troppo poco spazio. Comunque, da bolognese doc mi complimento con lei e le assicuro che il 25 non mancheranno, sulla tavola imbandita, i tortellini e lo zampone.
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Proprio vero, caro Ossola, di uovo (sodo) e non d’ulivo dovevo parlare, ma chissà perché m’è venuta così. Vero anche che i menu festivi di tradizione stanno scomparendo dalle abitudini familiari: oggi si festeggia il Natale con ben altro sulle tavole, con salmoni affumicati, blinis, hummus, aragoste, ostriche... Quest’ultime piacciono anche a me ed anzi, ne vado ghiottissimo, ma punto primo sono assai maldestro nell’aprirle, diciamo pure incapace e punto secondo no, sulla mensa natalizia no. Sarà che sono all’antica, ma il mollusco bivalve seguita a suscitarmi immagini di riti pagani che seppur innocenti e certamente ammissibili trovo poco acconci alla mensa natalizia. Lei fa bene a richiamare il Circolo del Tavernello, caro Ossola: non siamo certo dei bigotti culinari, ci piace spaziare fino a spingerci a provarlo, un piatto «molecolare» (provato e cassato, in un colpo solo). Però sempre si torna ai gusti semplici la qualcosa non vuol dire banali. Mi dica lei se è mai banale il tortellino. Che in tempi non così freneticamente sciuponi erano farciti «con quegli avanzi di carne che a Natale costituiranno il piatto di sostanza». D’altronde si sa, il mondeghino perfetto è fatto con l’avanzo del lesso. Quella curiosità sulla farcitura del turtlèn l’ho letta su Adesso, l’agendona che Paolo Massobrio - grande esperto gastronomico e autore di guide affidabili, come il suo Golosario che è diventato il Baedeker degli adepti del Circolo del Tavernello - pubblica annualmente. Ogni giorno una ricetta, un vino, un consiglio, una storia, la segnalazione di un prodotto alimentare «di tradizione», la stagionalità, un po’ di «storia a tavola»... Insomma, non è una semplice agenda, ma per dirla con l’autore è il ricordo che diventa memoria. Gliela consiglio, se già non l’avesse sul tavolo di cucina.
Poi ci sarebbe il presepe. Pare siano rimasti in pochi ad allestirlo e perfino nelle scuole elementari, dove era abitudine predisporlo con tanto di muschio che simulava l’erba e la carta stagnola il laghetto e il torrente, non lo si vede più. Perché offenderebbe il sentimento identitario dei piccoli musulmani in età scolare. Una cretinata, una delle tante. Anche l’abete è in via di estinzione come nordico simbolo natalizio. Ma stavolta per merito di quell’iradiddio, di quell’isterica matrigna di Terra Madre che a sentire gli ambientalisti si offende per un niente e poi non sopporta noi umani.

Resistono però gli alter ego dei nanetti nei giardini: i babbi Natale appesi ai balconi o arrampicantisi sui muri delle case. Gli stessi che gli studenti hanno voluto imitare spingendosi sui tetti. Così riaffermando quella prevalenza del cretino che distingue, ahinoi, il «Born in Italy».
Paolo Granzotto

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