Tavolini, per un anno concessioni ferme

Finalmente è stato alzato un argine contro la proliferazione del «tavolino selvaggio»: in base a una delibera approvata da quasi tutti i consiglieri del I Municipio, non saranno più concesse occupazioni di suolo pubblico ai commercianti finché non saranno approvati i nuovi Piani di massima occupabilità per le vie del Centro. Un anno di blocco, almeno.
La cernita dei luoghi a rischio è stata compiuta insieme alle associazioni dei residenti, con il contributo fondamentale di Italia Nostra. È paradossale che proprio in questi giorni sia uscita la vicenda di Pasang Sherpa, un venditore nepalese di New York che, per il suo chiosco di hot dog accanto al Metropolitan Museum, paga 640mila dollari annui al metro quadro.
Senza nulla togliere al prestigio del museo americano, lascia di stucco che un esercente romano, per lo stesso spazio accanto a una fontana del Bernini o di fronte a una facciata barocca, paghi solamente 118 euro. All’anno.
È il simbolo di una diversa cultura che a Roma stenta ad attecchire: favorire l’imprenditoria e il commercio non può significare consentire il degrado di una zona che dovrebbe essere il salotto buono della Capitale. Infatti il suolo pubblico è stato finora una cuccagna: le richieste venivano accolte quasi automaticamente, (circa 200 nuove concessioni nel 2008), le rare multe per le occupazioni abusive (circa l’80% dei casi) sono irrisorie, i tempi di decadenza delle concessioni sono lunghissimi e, soprattutto, non c’è né controllo né repressione.
L’organico della polizia amministrativa è drammaticamente insufficiente; basti pensare che le due pattuglie di vigili che di notte devono controllare una zona grande quanto Firenze devono occuparsi principalmente della viabilità. Ne segue che i residenti insonni possono protestare all’infinito, tanto nessuno li ascolta.

Per stessa ammissione del consigliere Nathalie Naim (Sinistra Arcobaleno), che ha proposto il provvedimento, la responsabilità dell’attuale anarchia è da addebitare alla gestione Veltroni, che non ha applicato criteri sufficientemente restrittivi.

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