Roma ce l’ha fatta per prima e presto avrà 3mila taxi in più in circolazione. Milano comincerà a provarci da oggi, con la convocazione del Comitato misto, l’organismo voluto nei 15 giorni della serrata selvaggia delle auto bianche e che ora cercherà di far sedere intorno a un tavolo funzionari comunali, rappresentanti dei tassisti e degli utenti. Scopo dichiarato, monitorare il servizio, ma soprattutto trovare le strade più adatte per migliorarlo.
Il sindaco Walter Veltroni, dunque, è stato il più veloce a far tesoro del decreto Bersani. Un accordo con i «ribelli» che, secondo i primi dati, sarà in grado di migliorare il servizio del 40 per cento, con 3mila auto in più in circolazione: oltre la metà delle 5.860 licenze finora attive nella Capitale. Non un miracolo, ma numeri che parlano di oltre mille taxi in più la mattina, altrettanti dalle 16 alle 20 e 500 in servizio dopo le 21. La ricetta è quella a grandi linee tratteggiata dal decreto sulle liberalizzazioni varato dal governo Prodi: sistema di turnazione, possibilità di far condurre le auto a collaboratori familiari o dipendenti. E aumento delle licenze, con lo sblocco del bando per 450 nuove concessioni arenato per mesi al Tar del Lazio dopo i ricorsi dei tassisti.
Una ricetta a cui anche Milano sembra voler guardare con una certa attenzione. Di più se ne saprà questa mattina dopo il primo appuntamento del Comitato, alle 9,30 a Palazzo Marino. «L’obiettivo, come più volte indicato dal sindaco Letizia Moratti - le parole dell’assessore a Mobilità, trasporti e ambiente Edoardo Croci - è di arrivare a soluzioni condivise su punti fondamentali come la regolamentazione dei turni, la possibilità di estendere la guida a un secondo guidatore, l’aumento delle auto in servizio in occasione di eventi, manifestazioni e particolari fasce orarie. Si discuterà anche di interventi per migliorare la viabilità, con il rafforzamento delle corsie preferenziali, di sicurezza e di tutela dell’ambiente grazie all’utilizzo di auto ecologiche».
Un’asta per l’aumento delle licenze probabilmente non ci sarà. «Anzitutto perché il documento del governo non le prevede - spiega Giovanni Maggioli del Sult-Cgil - e comunque a Milano non ce ne sarebbe bisogno dato che è una delle città europee con il più alto numero di taxi per abitante». Altrettanto difficile prevedere un calo delle tariffe. Unica ipotesi possibile sarà forse deciderne una fissa per il percorso dal centro agli aeroporti. Poche speranze, dunque, per gli utenti e soprattutto per i milanesi che si dovranno rassegnare a pagare tariffe fra le più alte d’Italia. E più salate anche di tante altre grandi metropoli come New York o la stessa Roma. Secondo uno studio della Cgia, l’associazione di artigiani e piccole imprese di Mestre, cinque chilometri sotto la Madonnina costano 7,48 euro, mentro all’ombra del Cupolone ne bastano 6,29. Cifre irrisorie, forse, rispetto ai 14 euro di Zurigo o agli 11,26-11,93 di Vienna, Bruxelles e Amsterdam. Ma sensibilmente più elevate dei 5,62 di Atene e dei 4,06 di Lisbona, città in cui il costo della vita è forse più simile a quello delle città italiane. Care, almeno per la «tassa» di partenza, Torino e Napoli con il minimo fissato a 3,10 euro. In coda Bologna (3,05), Milano (3) e Roma ancora più conveniente a (2,33). «Ma lì - protestano i tassisti milanesi - si paga 1,03 euro come supplemento per la valigia. A Milano non ci sono maggiorazioni e la tariffa base, 0,77 euro al chilometro, è una tra le più basse in Italia e in Europa. Per di più bloccata dal 2001, anni in cui i nostri costi sono aumentati a dismisura». Inutile, dunque, aspettarsi una rivoluzione.
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