I versi di Eduardo De Filippo sono di una pregnanza straordinaria, dolcissima e commovente la sua poesia nella ninna nanna, toccante il senso e la profondità del suo racconto, «Padre Cicogna», letto in napoletano dal figlio Luca e musicato da Nicola Piovani, andato in scena giovedì sera al Carlo Felice. Platea praticamente vuota, si è no trecento presenti, in cui le parole rimbalzavano quindi con ancor più sonorità e in cui i pochi spettatori, ammaliati, ascoltavano, in un continuo alternarsi di musica del verso e di musica vera e propria, il «rivestimento» che Piovani ha composto «ad hoc» per orchestra sinfonica - con alcuni altri strumenti popolari - e quattro voci.
Un'esecuzione praticamente in anteprima, dopo un debutto casalingo al San Ferdinando di Napoli lo scorso Natale, dedicato ad Eduardo nei venticinque anni dalla sua scomparsa. Peccato per questa scarsissima affluenza, che stupisce, vista la notorietà che avvolge Piovani; che lascia perplessi e dubbiosi circa l'efficacia della promozione dello spettacolo; e che in fondo un po' ferisce, accorgendosi della profondità assoluta del testo e della splendida interpretazione che ne ha dato Luca de Filippo, voce recitante ed esclusivo protagonista della serata. Assoluta è l'immediatezza quasi onomatopeica della «lingua» e proprio da qui nasce una nostra parziale riserva sull'accompagnamento: un testo del genere sarebbe forse più a suo agio in vesti del tutto popolari, senza orchestra sinfonica, di cui non ha assolutamente bisogno perché non necessaria è la sua «nobilitazione». Il popolare è popolare, ed è bello così.
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