"Col mio cabaret si può sbeffeggiare il potere di oggi con numeri e gag"

Il trasformista e regista sarà sulle scena al Teatro Nazionale: "Ora ci sono guerre, intolleranza e fenomeni di antisemitismo. Non possiamo più tenere gli occhi chiusi"

"Col mio cabaret si può sbeffeggiare il potere di oggi con numeri e gag"
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«Da sempre amavo Cabaret, corrispondeva al mio mondo. Per decenni mi ha inseguito. Alla fine, mi ci sono tuffato anima e corpo». E, va aggiunto, anche voce. Perché nel colorato, trasformistico e anche scioccante «Cabaret» in arrivo al Teatro Nazionale dal 15 novembre al 10 dicembre, Arturo Brachetti - superstar internazionale del trasformismo - canta e balla. «E mi dicono che lo faccio bene», aggiunge con un pizzico di stupore di chi sa di aver già ricevuto uno straordinario talento. Arturo Brachetti è regista (con Luciano Cannito) e interprete (nel ruolo del Maestro di Cerimonie) di una nuova versione di «Cabaret», il musical di culto di John Kander e Fredd Ebb, reso celebre dal film del 1972 diretto da Bob Fosse, con Liza Minnelli. Al fianco dello showman, proprio nell'impegnativo ruolo della cantante Sally Bowles che fu della Minnelli, spicca Diana Del Bufalo, attrice e conduttrice tv.

Maestro Brachetti, come mai «Cabaret» e come mai ora?

«Ci sono voluti tanti segnali del destino e, purtroppo, anche una pandemia. Nel 1979, quando per la prima volta portai uno spettacolo a Parigi, avevo in repertorio il celebre brano Wilkommen da Cabaret. Lo cantavo in playback, ma in fondo ero lì come trasformista. Poi, sempre a Parigi, mi capitò di condividere il camerino con Joel Grey, lo storico interprete da Oscar del ruolo del Maestro di Cerimonie nel film di Fosse. Infine, nel 1983 a Londra incontrai proprio Bob Fosse. Insomma, era nel mio destino».

E la pandemia?

«Gli spettacoli erano fermi, la tournée del mio show in stallo. Ne ho approfittato per mettermi sotto con un vocal coach. Ora canto».

Perché «Cabaret» è così attuale oggi?

«La storia è quella del cabaret Kit-Kat nella Berlino anni Trenta, dove si canta e si balla, si sbeffeggia il potere con numeri e gag. Solo che il nazismo in ascesa e la guerra sono dietro l'angolo. E a un certo punto non puoi continuare a chiudere gli occhi, ridere e ballare. È una lezione contro il qualunquismo. Oggi vediamo guerre attuate o agitate da personaggi come Putin e il nordcoreano Kim Jong Un, nella nostra vita di occidentali trionfa l'intolleranza per il diverso e ci sono preoccupanti fenomeni di antisemitismo».

Si annuncia una firma particolare della sua regia: ha definito lo show a tratti scioccante.

«Ho aggiunto numeri di trasformismo, com'è naturale per me, così come qualche gag. Ma ci sono anche sensualità e violenza. Perché i nazisti fanno parte dello scenario. Infine, anche un finale commovente. Diciamo che ho pigiato sull'acceleratore, e la macchina non ha sbandato».

Diana Del Bufalo ha l'impegnativo ruolo che fu di Liza Minnelli.

«La conoscevo come conduttrice tv, lei era già stata protagonista in teatro nel musical Sette spose per sette fratelli. Non pensavo fosse così brava, ci ha steso tutti per energia e quel senso naturale dell'ironia che possiede. Lei è davvero Sally nella vita di tutti i giorni, è una Sally da TikTok. Non ha tabù. Liza Minnelli è un monumento, ma Diana si è calata nel ruolo senza pensare a lei, mettendoci del suo. E quel suo è ottimo».

«Cabaret» è comunque sempre una sfida, in un paese dove ancora si pensa al musical come svago di luci e paillettes?

«Luci e paillettes ci sono anche qui: c'è anche puro entertainment e un numero di tip tap da vecchia scuola del musical. La musica è dal vivo. Le scenografie giocano molto sulle luci. Si può mettere in scena qualcosa di luminoso e al contempo raccontare una storia che faccia riflettere».

Artuto Brachetti ha 66 anni all'anagrafe, ma non ha età sul palcoscenico: qual è il suo segreto?

«Nella testa, gli stimoli e sfide, e non fermarsi mai: tornerò in primavera in tour per l'Italia con il mio show Solo, a giugno sarò a Barcellona. Nel corpo, alimentandomi correttamente, facendo palestra e sfruttando i mitici riposini alla Cristiano Ronaldo. Prima di ogni spettacolo vado a dormire. In teatro chiedo il camerino più isolato e senza finestre. Lì, al buio, mi ricarico.

Si dice che per far fare più uova alle galline, queste si mettono al buio dopo che hanno covato. Loro si illudono che sia ripartito il ciclo notte/giorno, e al risveglio fanno altre uova. Ecco, io dormendo illudo la gallina che è in me».

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