
Il teatro, si sa, nasce «povero», non solo nella geniale accezione inventata dal genio polacco di Jerzy Grotowski. Tuttavia, ci sono tanti modi per onorare quei pochi finanziamenti concessi dalle convenzioni pubbliche: uno, il più nobile, è quello di produrre (prevalentemente a spese proprie) nuovi spettacoli coinvolgendo maestri di livello internazionale, anziché se stessi in veste di registi o di attori. Onore al merito, dunque, al Tieffe Teatro per la produzione di «Le nuvole di Amleto» che porta in scena in prima nazionale al Menotti (da oggi all'11 maggio, info: teatromenotti.org) il prestigioso Odin Teatret di Eugenio Barba (nella foto) uno degli ultimi mostri sacri del teatro contemporaneo.
Potere dei grandi classici, quello di raccontare l'umana verità tra passato, presente e futuro. Quella di Barba, fondatore nel 1964 dell'Odin Teatret di Oslo e che di Grotowski fu allievo e amico, è ovviamente una rivisitazione del capolavoro shakespeariano che affonda la sua analisi nel concetto di eredità filiale e dell'eterno conflitto generazionale che troppo spesso si esaurisce nella perpetuazione degli idoli, anche quelli peggiori. E ogni generazione, ci ricorda Barba citando Eliot, sbaglia a proposito di Shakespeare in modo nuovo. Riecco dunque l'intramontabile mito di Amleto, la figura shakespeariana che più di tutte incarna l'impotenza umana nel cogliere il significato ultimo dell'esistenza, della vita e della morte. «Cosa dice oggi a noi si chiede il regista - la vicenda di un padre il cui fantasma appare al figlio e gli lascia il compito di uccidere e vendicarlo? Qual è l'eredità che abbiamo ricevuto dai nostri padri e che trasmetteremo ai nostri figli? Cosa succederebbe se Amleto, come Antigone, affermasse: non sono nato per condividere l'odio, ma l'amore? Il dubbio rende l'uomo debole dice il principe di Danimarca». Il messaggio è trasposto all'oggi, in un'epoca in cui i figli raccolgono eredità nefaste e affrontano un presente e un futuro sempre più nebulosi. Un cast di attori cosmopoliti mette in scena l'atavico Dubbio mescolando in 70 minuti le vicende di Hamlet-Hamnet con quelle tragicamente autobiografiche del Bardo che perse figlio e padre in un lustro e proprio durante il periodo di lutto scrisse la tragica storia di Amleto. Le «Nuvole» rappresentano per il regista una sorta di fil rouge che lega passato e presente, meta-messaggio tra speranza e discernimento. «Cercai nell'Amleto le linee in cui Shakespeare parla di nuvole dice - Le misi insieme e le usai come nucleo da cui sviluppare le prime scene di uno spettacolo la cui storia e il cui senso erano da scoprire durante le prove.
È importante umanizzare il processo. Battezzai lo spettacolo in gestazione Le nuvole di Amleto. Così Shakespeare entrò nello spazio delle nostre prove e delle nostre menti. È il processo intorno a un testo o a una storia reale o inventata a decidere».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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