"Mazzini, D'Annunzio e Marinetti". Labini racconta la trilogia dei grandi italiani

Edoardo Sylos Labini torna in teatro con gli Inimitabili

"Mazzini, D'Annunzio e Marinetti". Labini racconta la trilogia dei grandi italiani
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“Mazzini, D’Annunzio e Marinetti sono i miei cavalli di battaglia”. Edoardo Sylos Labini presenta così Inimitabili, lo spettacolo diviso in tre capitoli tratto dall’omonimo programma andato in onda nella scorsa stagione televisiva su Rai 3.

Dopo il successo di fine giugno con Giuseppe Mazzini, Labini torna in scena sempre nel cortile di S.Ivo alla Sapienza in Senato oggi con il fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, e domani con Gabriele d’Annunzio. Poi avrà inizio il tour teatrale in tutta Italia. Perché questa scelta?

"È la trilogia dei grandi italiani. È un’operazione nuova e folle perché in tre serate, una di seguito all’altra, metto in scena i tre personaggi come se fossero tre capitoli di un unico spettacolo. Negli ultimi 15 anni, poi, ho fatto vari spettacoli su D’Annunzio e Marinetti".

D’Annunzio non si può confinare nel recinto del Ventennio?

“D’Annunzio e il futurismo, come spiego bene anche nello spettacolo, non avevano nulla a che fare col fascismo. L’impresa dannunziana di Fiume precede il fascismo. Anzi, il fascismo copia dal Vate e dall’impresa di Fiume una serie di forme di dialogo con le masse di ribelli che arrivavano da tutta Europa e che non avevano un colore politico. Mussolini copierà i discorsi che D’Annunzio farà dal balcone, i motti più famosi come il “me ne frego” e il saluto romano che viene usato per la prima volta a Fiume. Tra i due c’era sempre un rapporto di diffidenza tanto che quando il Duce va al Vittoriale, il poeta gli fa fare un’ora di anticamera di fronte a uno specchio in cui c’è scritto: “Ricordati che sei vetro contro acciaio”.

Lo stesso discorso vale anche per Marinetti?

“Sì. Marinetti fonda nel 1919 con Mussolini e Arturo Toscanini i Fasci di combattimento in piazza San Sepolcro a Milano, si presentano alle elezioni e prendono una sonora sconfitta. Subito dopo la nascita del fascismo, però, si distacca perché Marinetti era anticlericale e contrario ai Patti Lateranensi. Solo alla fine della sua vita, a 65 anni, decide di partire volontario verso il fronte russo e dopo l’8 settembre decide di aderire alla Repubblica Sociale. Fino ad allora non fu mai veramente fascista perché il futurismo voleva altre cose e si scaglia contro le leggi razziali. Nel 1938, Marinetti al teatro delle arti di Roma organizza una manifestazione contro la censura nazista perché Hitler aveva criticato tutte le avanguardie artistiche compreso il futurismo. Marinetti attacca direttamente Hitler. Detto ciò, a differenza di D’Annunzio, rimane sempre amico di Mussolini. Chi oggi parla ancora di fascismo e antifascismo lo fa solo per mancanza di argomenti”.

Venendo ai giorni nostri, cosa pensi del ‘caso Sangiuliano’? Al di là della vicenda personale, non credi che il ministro fosse inviso per i tagli al cinema?

“Certo. Ha tagliato l’amichettismo e i fondi ai soliti noti ed è chiaro che sia stato fatto fuori perché è andato contro poteri consolidati da decenni nel campo cultuale. Poi, ovviamente ci sono gli errori umani, ma per una vicenda di gossip non si butta giù un ministro”.

E che opinione hai del suo successore, Alessandro Giuli?

“Giuli è tra i fondatori di Cultura e Identità. È un grande intellettuale, molto stimato e pacato. Sono certo che farà bene, ma è già iniziata la caccia alle streghe. Ricordo che nemmeno Veltroni e Rutelli erano laureati. È un’operazione di cancel culture che rientra nel sistema che la sinistra ha creato nel corso degli anni.

Come vale per la magistratura vale anche per la cultura, un altro fortino che la sinistra vuole mantenere a tutti i costi. Si inizia con una campagna mediatica denigratoria a priori, poi c’è sempre la procura amica e un partito politico che gioca di sponda. La sinistra vive con questa regola del tre da decenni”.

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