«La teca, uno scatolone insulso. L’obelisco? Osceno»

Claudia Passa

«Devo dire la verità: la teca di Meier è molto più brutta di quanto ci si aspettasse, molto più stupida di quanto si potesse immaginare dal progetto...». Non usa giri di parole Giorgio Muratore, docente di Storia dell’arte e dell’architettura contemporanea all’università La Sapienza, dopo il taglio del nastro del nuovo museo dell’Ara Pacis. «È uno scatolone privo di senso, un’architettura che non c’entra niente col contesto, sbagliata come scala e come linguaggio. Una cosa assolutamente fuori posto».
Professore, lei era presente all’inaugurazione voluta dal sindaco Veltroni?
«Sì, ed è stata una cosa imbarazzante. Sono stati talmente imprevidenti che non hanno neanche pulito i vetri. Poiché si tratta di una teca di vetro, immaginate cosa significa se i vetri sono già sporchi il giorno dell’inaugurazione... È un monumento all’arroganza e all’ignoranza, decine di miliardi buttati nel cesso, soldi gettati al vento per un edificio inutile e particolarmente insignificante».
Tra l’altro l’opera non è ancora stata completata...
«Ci vuole ancora parecchio tempo perché sia finita. Diciamo che questa è stata una “falsa partenza” elettorale, per tagliare il nastro un mese prima delle amministrative. Ma del resto è una vicenda nata, ai tempi di Francesco Rutelli, all’insegna della politica. Tutti i passaggi, dall’ideazione dell’opera alla demolizione della precedente copertura, guarda caso sono arrivati in coincidenza con qualche appuntamento mediaticamente efficace o con qualche scadenza elettorale. Fino ai giorni nostri. L’archeologia è stata solo un pretesto per costruire un’architettura pubblicitaria».
È stata una buona scelta quella di commissionare l’opera senza un concorso pubblico?
«La trovo una cosa indecente. E poi sarebbe bastato adeguare e rendere efficiente la teca di Morpurgo, che era in sintonia con il resto dell’architettura della piazza. Invece adesso è stato bandito un concorso per adeguare la piazza al nuovo edificio, una cosa paradossale. Inoltre il rapporto con il contesto è assolutamente sbagliato, la struttura dà fastidio alle preesistenze, non c’è più possibilità di dialogo tra il mausoleo e il fiume a causa di questa barriera insormontabile. Ma il dato più grave e imbarazzante è la presenza dell’obelisco, una delle cose più oscene che si siano mai viste nel centro di Roma, simile ad una pila di barattoli messi uno sull’altro».
Almeno è d’accordo con il modo in cui è stata sistemata l’Ara Pacis?
«Neanche per idea. Tutto l’insieme è una specie di monumento all’errore degli archeologi, la collocazione è sbagliata. Andrebbe fatta un’operazione scientifica di ricostruzione con uno studio serio dei pezzi. E invece c’è un museo che ospita i pezzi che gli archeologi non sanno dove mettere. Per non parlare dei possibili effetti collaterali: quest’opera ha di fatto sdoganato la grande speculazione nel centro storico, dopo la teca di Meier non è stato possibile dire di no alla costruzione di alberghi ed alberghetti. È stato infranto un antico tabù, tutto questo ha messo in moto appetiti che nessuno sarà in grado purtroppo di fermare».
C’è chi vorrebbe «liberare» l’Ara e spostarla altrove...
«È l’unica proposta sensata. L’Ara Pacis va messa da un’altra parte, e lo spazio lasciato per le convention dei politici romani o per fare della pubblicità a qualche marca di automobili...».


Altri invece propongono di smontare la teca di Meier e trasferirla in periferia...
«Questa proposta non mi vede d’accordo, ormai la teca è un monumento alla stupidità di questi tempi, va conservata a futura memoria per evitare che simili errori siano ripetuti».

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