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«La tecnologia senza design fa solo oggetti senz'anima»

Il fondatore del brand con la «community» intorno: «Lo smartphone deve dare un'esperienza olistica»

Marco Lombardo

Quando uno conosce Pete Lau si rende conto che in lui ci sono due persone insieme: una è Liu Zuohu, come si chiama in realtà nella sua lingua, l'imprenditore cinese dal tono zen e lo sguardo pungente; l'altro è appunto Pete, il motivatore di folle, l'uomo che ha costruito un brand e ne ha fatto l'orgoglio di un'intera community mondiale. Che tifa, suggerisce e partecipa agli eventi di lancio, ogni volta che arriva il momento dell'anno in cui è in arrivo un nuovo prodotto. È il momento è questo.

Martedì infatti Lau ha presentato i nuovi One Plus 7 e 7Pro, il che rappresenta già una novità perché finora l'azienda metteva sul mercato un solo modello alla volta, poi aggiornato in autunno con la versione T. Ora, invece, i modelli sono due e questo è solo il prodromo di quello che verrà, con incursioni nel mondo tv e in quello dell'automotive. Le idee però restano sempre quelle. Tipo: «I pieghevoli resteranno una nicchia e non sono innovativi: fanno le stesse cose dgli smartphone». Oppure, soprattutto: «Senza design c'è il nulla». Lo dice Pete Lau, seduto in un divanetto sotto il canto degli uccellini: «E qui a Milano, dove sono venuto a prendere spunti. Nella capitale del design appunto».

Dove nasce questa sua passione?

«Ho un'inclinazione naturale verso le cose belle. Questione di feeling: non ho fatto studi al riguardo».

In effetti: come fa un ingegnere ad appassionarsi per le emozioni?

«Quando ti imbatti in qualcosa che ti emoziona, diventa una questione mentale. E scopri il benessere».

Come si applica questo alla tecnologia?

«Semplice: un dispositivo senza design è uno strumento senz'anima. Si tratta di dare calore ai prodotti».

Perché è nata OnePlus? In fondo di aziende di smartphone nel 2013 ce n'erano già tante.

«Vero, io lavoravo in Oppo ad esempio. Ma nel mercato c'era troppo rumore, migliaia di aziende che facevano device molto ben disegnati che però non esprimevano lo stesso con il sistema operativo».

Ci voleva un'idea zen.

«Le cose non sono solo materia, colore o forma: devono trasmettere un'esperienza che io definisco olistica. Ecco: a quei tempi solo Apple era a un livello del genere. Ma non era per tutti».

Un cambio di prospettiva radicale.

«Per forza: oggi senza smartphone nessuno vive più, anche negli angoli più remoti e solitari del pianeta. La voglia di interconnettersi dev'essere assecondata con strumenti confortevoli».

E OnePlus 1 si fece subito notare.

«Era unico nei materiali e nella concezione, ha aperto una nuova strada. Quando l'ho pensato la missione era semplice in fondo: la migliore tecnologia per un'esperienza olistica. Migliorare la qualità della vita con un prodotto accessibile».

Olistico anche nel prezzo?

«Possiamo offrire di più a meno, considerando che produciamo dispositivi di alto livello. Noi siamo internet centrici: abbiamo pochi canali di vendita, possiamo non disperdere risorse».

E avete una comunità di «brand lover» diventata un caso unico.

«Vero: dietro la nostra confezione c'è scritto costruito con la nostra community. Siamo unici perché dietro di noi ci sono un sacco di persone che ci ispirano e ci indicano cosa fare e come migliorare. Abbiamo creato un legame che sta cambiando le regole di tutta l'industria mobile».

Un vero successo. Ma Pete Lau non sbaglia mai?

«Eccome. Per esempio nel 2015 OnePlus 2 non è andato come ci aspettavamo, ed è stata una grande lezione per noi. Allora c'era un problema nella produzione di processori che aveva colpito anche la concorrenza. Potevamo scegliere di non lanciare lo smartphone e aspettare tempi migliori: fu un grave errore. Ma sbagliare aiuta a migliorarsi»

Cosa avete imparato?

«La lezione è servita per spingerci verso nuovi limiti assoluti in vista delle versioni successive: non volevamo certo ripetere l'esperienza. Il successo di OnePlus 3 è stata la soddisfazione più grande».

Ora c'è un'altra sfida: la tv, si è detto, e i software per le auto. Qual è la parte olistica di tutto questo?

«Resteremo concentrati sul mondo mobile, ma vogliamo costruiamo un ecosistema intorno. Se pensiamo alle tv, lo scopo è integrare e ampliare l'esperienza degli smartphone nello spazio di casa, con funzioni che si accordino alla vita domestica».

Non esiste insomma una vita senza smarphone.

«Non più. Ma la connetterci senza soluzione di continuità può aiutarci a stare meglio. Lavoriamo per questo, integrando prodotti che rispondano al nostro modo di pensare.

E di vivere».

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