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Post (a pagamento) per adulti. Così Twitter voleva diventare OnlyFans

Durante la primavera del 2022 Twitter ha accarezzato l’idea di monetizzare i contenuti per adulti, attratta dal modello di business di OnlyFans

Post (a pagamento) per adulti. Così Twitter voleva diventare OnlyFans

Il sito The Verge riporta l’esistenza di documenti interni a Twitter, secondo i quali, occorrerebbero investimenti notevoli per rimuovere i contenuti illegali dalla piattaforma di microblogging, considerazioni e valutazioni alle quali gli alti dirigenti non presterebbero orecchio.

Quello dei contenuti per adulti è un tema che ha invece suscitato nelle alte sfere di Twitter idee diverse, ovvero permettere a chi ne produce di vendere abbonamenti a chi vuole usufruirne, trattenendo una parte degli introiti. Un modello di business molto diffuso e adottato anche da OnlyFans, sito di intrattenimento che permette a chi crea contenuti di venderli ai propri fan. Ma la scarsa attenzione di Twitter per i contenuti (anche quelli espliciti) ha fatto naufragare il progetto.

Un’idea che avrebbe allontanato da Twitter dagli inserzionisti ma che, in linea teorica, avrebbe permesso di compensare le perdite. OnlyFans, piattaforma nata nel 2016, prevede incassi per 2,5 miliardi di dollari (la metà di quanto ha guadagnato Twitter nel 2021) ed è già un’azienda che produce utili. Per quanto redditizia e frequentata, OnlyFans fatica a trovare investitori, al contrario di Twitter che – quotata in borsa – vede però soltanto di rado le cifre nere ed è costantemente alle prese con una base utenti che cresce per lo più a fatica.

Monetizzare i contenuti per adulti

The Verge, che ha avuto modo di consultare parte della documentazione interna e ha avuto modo di parlare con alcuni dipendenti di Twitter, riporta che alcuni dirigenti erano certi di potere monetizzare con relativa facilità i contenuti per adulti, anche perché Twitter è una delle piattaforme usate dai creatori di OnlyFans per farsi pubblicità. Il progetto ha cominciato così a prendere forma con il nome di Adult Content Monetization (Acm), ovvero “monetizzazione dei contenuti per adulti”.

È stata persino formata una squadra di 84 dipendenti il cui compito era quello di valutare il progetto e di svilupparlo in modo responsabile. Il gruppo di lavoro è giunto alla conclusione, secondo la quale, il progetto Acm non avrebbe potuto essere sviluppato proprio a causa delle politiche lasche con cui Twitter controlla e persegue i contenuti sessuali. Il parere a cui sono giunti gli 84 dipendenti ad aprile del 2022 è persino lapidaria, sostenendo che Twitter non sia in grado di avere controlli efficaci sia sul fronte dei contenuti relativi allo sfruttamento sessuale dei bambini, sia su quello della nudità non consensuale. In altre parole, giacché Twitter non riesce a intervenire per bloccare la pedopornografia e altre forme di contenuti espliciti illegali, è poco probabile che riesca a sviluppare un ambiente sicuro e responsabile nel quale possano essere venduti contenuti.

Una filosofia di controlli deficitari

Creare un’infrastruttura per la vendita di contenuti per adulti sarebbe impensabile anche perché Twitter non è in grado di controllare l’età effettiva né di chi li produce né di chi li consuma. Inoltre, le alte sfere aziendali non hanno mai stanziato risorse per intercettare, riconoscere e rimuovere contenuti pericolosi per il buon nome della piattaforma, anche non di carattere sessuale. Tutto ciò lascia anche intuire che i dirigenti conoscano queste debolezze della piattaforma e che, nonostante tutto, continuino a fare orecchie da mercante.

Il progetto Acm, ha aggiunto il gruppo di lavoro, sarebbe persino in grado di accentuare il problema, perché i contenuti per adulti sarebbero pubblicati dietro paywall (un sistema di accesso a pagamento) e quindi ancora meno intercettabili agli scarni strumenti di cui Twitter dispone per combattere l’illegalità.

L’esito dello studio preliminare svolto dagli 84 dipendenti selezionati e l’offerta di 44 miliardi di dollari fatta da Elon Musk per rilevarne l’intero pacchetto azionario, hanno fatto desistere i dirigenti di Twitter, che hanno posticipato il progetto a data da destinarsi (quindi, potenzialmente, mai).

I nodi vengono al pettine

Le policy di Twitter non possono essere fraintese, ha tolleranza zero e combatte con ogni mezzo lo sfruttamento sessuale dei minori che si manifesti mediante immagini e illustrazioni anche generate da computer, testi e altri contenuti multimediali. Secondo quanto ricostruito da The Verge, si tratterebbe però di filosofia da bancone, perché documenti interni parlano dell’incapacità di Twitter di dare seguito ai propri buoni propositi. Problemi già noti a inizio del 2021 e descritti in un report, secondo il quale, i contenuti illegali sulla piattaforma aumentano a un ritmo maggiore di quanto i moderatori riescano a filtrarne.

Per diversi anni Twitter ha usato PhotoDNA, un database distribuito creato da Microsoft nel 2009 che contiene fotografie esplicite di minori. Il confronto dei contenuti sospetti con quelli conservati nel database non regge più il passo, perché in quest’ultimo sono presenti soltanto i contenuti noti e non quelli generati in tempi recenti. Se per diverso tempo PhotoDNA si è rivelato essere uno strumento adatto, con il passare degli anni e con il proliferare della pedopornografia è diventato insufficiente.

Secondo il National center for missing and exploited children (Ncmec), organizzazione governativa no-profit che monitora il problema della pornografia infantile e trasmette le informazioni alle forze dell’ordine, l’84% di un set di dati di un milione di contenuti illegali è di recente creazione e quindi sfugge a PhotoDNA.

Un problema di scala

Twitter non è l’unica piattaforma sulla quale gli utenti caricano contenuti illegali (non soltanto pornografici). Le aziende più grandi hanno a disposizione risorse maggiori per combattere il fenomeno e resta comunque vero che società come Google e Facebook destinano a questi scopi cifre che Twitter non può permettersi di impiegare. Per esempio, nel corso del 2019, Facebook ha investito 3,7 miliardi di dollari, più dei 3 miliardi di dollari fatturati da Twitter l’anno precedente.

L’indagine svolta da The Verge potrebbe essere usata da Elon Musk, chiamato a processo da Twitter dopo avere cercato di defilarsi dalla proposta di acquisto da 44 miliardi di dollari.

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