Ultim'ora
Corte dei conti, no al visto di legittimità per il Ponte
Ultim'ora
Corte dei conti, no al visto di legittimità per il Ponte

"Niente sconti? Ti rovino sul web" Quante cyber-recensioni fasulle

Il 60% dei turisti le consulta per scegliere dove mangiare e dormire ma un terzo è falso. E i siti che tutelano le "vittime" dai finti commenti sono davvero pochi

"Niente sconti? Ti rovino sul web" Quante cyber-recensioni fasulle

«Si può perdonare tutto tran­ne che una buona reputazione». Altri tempi. Oggi i frequentatori del web non la pensano come Oscar Wilde, tanto che una delle maggiori preoccupazioni dell’era internettiana è quella di avere una buona reputazione, almeno on line. «Nell’era digitale la repu­tazione non è più soltanto un con­cetto filosofico, ma qualcosa che rimane scalfita nel web per sem­pre. Ognuno di noi ha una sua car­ta d’identità digitale che, magari senza saperlo, viene macchiata dai contenuti pubblicati da anoni­mi su motori di ricerca, Facebook, blog, su 30 miliardi di pagine web», spiega Andrea Barchiesi, amministratore delegato di Repu­tation manager, società che ana­lizza l’immagi­ne on line aiu­tando aziende e professioni­sti a non pe­rde­re la cyber repu­tazione.

«Su in­ternet- raccon­ta l’ad- la verità non esiste, così come la riserva­tezza. Tutti pos­sono­cadere vit­time di un abu­so dei dati per­sonali. Per esempio chi cerca un posto e vede il pro­prio profilo sbattuto in rete e dunque visibi­le dai futuri da­tori di lavoro, oppure chi ha la sua reputazione distrutta per una foto o un video pubblicato per vendetta com’è ca­pitato a Belen con il suo filmato hot messo in rete da un ex fidanza­to ».E poi c’è chi ha mandato infu­mo la carriera per commenti inop­portuni scritti su Facebook cre­dendosi invisibile, com’è capita­to alla dipendente della Danieli, società di forni industriali per l’ac­ciaio, che per aver scritto qualco­sa tipo “Che noia una giornata in Danieli” è stata licenziata.

Uno dei settori più in crisi di identità digitale è il turismo. Qui tutto può accadere, tra giudizi fal­si positivi e recensioni finte negati­ve pubblicate nei portali di viaggi, Com’è capitato in Gran Bretagna dove sono state sbugiardate le re­censioni negative di Helen Griffi­ths, su TripAdvisor, una delle più influenti community di viaggio, e su molti altri siti gastronomici, che riguardavano il ristorante «The Good Life» aperto da una ri­vale in amore a Shrewsbury. È sta­ta la­polizia postale a smascherar­la e a costringerla a pubblicare sul Times l’ammissione di colpa:«Ho scritto i miei giudizi negativi sen­za essere mai entrata in quel risto­rante e dunque senza avervi mai mangiato». E pensare che proprio TripAdvisor ha come motto «Get the truth, then go» (trova la verità e poi va). «Purtroppo non è così. Ormai almeno il 60 per cento dei turisti consulta le opinioni lascia­te sui portali turistici da altri viag­giatori non sapendo però che un terzo delle recensioni sono false. Il danno è enorme: se tanti giudizi positivi scritti ad arte fanno scala­re a hotel e ristoranti posizioni im­portanti nelle pagine web dando loro visibilità e dunque maggiori probabilità di clienti, le recensio­ni negative possono screditare a tal punto una struttura turistica da portarla al fallimento» spiega Enrico Ferretti, titolare della Se­cret Key, società di web marketing specializzata nel turismo. «Ma a scrivere recensioni negative- con­tinua Ferretti- sono anche i clienti pronti a minacciare pessimi giudi­zi se non ottengono sconti adegua­ti, come capita spesso anche negli alberghi italiani».

Purtroppo sono pochi i siti che cercano di tutelare i ristoratori. Tra questi Booking.comche con­sente di scrivere commenti solo a chi ha acquistato la vacanza attra­verso il loro portale, mentre Tra­velPost spesso verifica che il clien­te abbia realmente soggiornato nella struttura che recensisce.

Ma se ormai la frittata è fatta co­me ci si può rifare una reputazio­ne in rete? «Leggi che tutelino le vittime del web non esistono» spiega Andrea Barchiesi. «Si cer­ca, perciò, di rimediare al danno, studiando il posizionamento dei contenuti lesivi o falsi nei motori di ricerca e anche la strategia mi­gliore per isolarli. Poi si richiede la rimozione al sito o la pubblicazio­ne di una rettifica quando si tratta di informazioni scorrette».Nel set­tore turistico, invece, è più compli­cato: «un esempio positivo arriva dalla Francia dove il tribunale ha condannato i siti turistici on line Expedia, TripAdvisor e Hotels. com a pagare 427mila euro al Synhorcat, il sindacato che rap­presenta operatori alberghieri e ri­storatori, per pratiche sleali e in­gannevoli », dice Enrico Ferretti.

Insomma a distanza di oltre quat­tro seco­li si deve ancora dar ragio­ne a Shakespeare quando afferma­va: «La reputazione? È una veste effimera e convenzionale, guada­gnata spesso senza merito e per­duta senza colpa».

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica